Brasile: gli Indios resistono allo “sviluppo” imposto dallo Stato

Questo articolo fa parte dello Speciale sull'inchiesta Belo Monte [pt].

La politica a favore degli indigeni del governo di Dilma Roussef è stata oggetto di innumerevoli critiche [pt, come i link successivi, eccetto ove diversamente indicato] da parte di specialisti e attivisti. In nome dello “sviluppo“- tradotto in costruzione di strade, industrie minerarie, centrali idroelettriche e sfruttamento delle risorse naturali- alcune tribù hanno perso i diritti sulle terre che hanno abitato per millenni.

Studenti come Idelber Avelar reputano il governo Dilma il più arretrato nei confronti degli Indios dalla fine della Dittatura Militare (1964-1985), quando a centinaia fuorno torturati e uccisi per mano dello Stato. Si ricordi ad esempio il caso dei due milioni di indigeni della tribù Waimiri-Atroari scomparsi improvvisamente per aver osato intromettersi sul cammino del “progresso” o “miracolo economico“.

La costruzione della Centrale Idroelettrica di Belo Monte (UHE di Belo Monte) è l'esempio più significativo della violenza in atto contro gli Indios nella storia recente del Brasile. In data 2 maggio 2013, la popolazione del fiume Xingu [it], principale corso d'acqua interessato per la realizzazione della turbina, ha protestato invadendo i cantieri in cui sono in corso i lavori di costruzione. I circa 200 indigeni di diverse etnie hanno lanciato un appello per denunciare la condizione di violenza alla quale sono sottoposti:

 Vocês estão apontando armas na nossa cabeça. Vocês sitiam nossos territórios com soldados e caminhões de guerra. Vocês fazem o peixe desaparecer. Vocês roubam os ossos dos antigos que estão enterrados na nossa terra.

Vocês fazem isso porque tem medo de nos ouvir. De ouvir que não queremos barragem. De entender porque não queremos barragem.

Ci state puntando le armi contro. Circondate le nostre terre con militari e carri armati. Fate scomparire il pesce. Rubate le ossa dei nostri cari seppelliti nella nostra terra.

Fate tutto questo perché avete paura di ascoltarci. Avete paura di sentirvi dire che non vogliamo la diga. Avete paura di capire perché non la vogliamo.

Cantiere di Belo Monte occupato il 6 maggio 2013.  Foto di Paygomuyatpu Munduruku, usata su autorizzazione CC by-sa 2.0

Cantiere di Belo Monte occupato il 6 maggio 2013.  Foto di Paygomuyatpu Munduruku, usata su autorizzazione CC by-sa 2.0

Gli indigeni che hanno invaso Belo Monte (fino alla notte del 9 maggio) hanno ricevuto il sostegno di quasi tremila operai coinvolti nella costruzione che hanno denunciato intimidazioni e hanno organizzato scioperi per evidenziare le pessime condizioni di lavoro e alloggio in cui vivono, inclusi rapimenti, repressioni e omicidi.

Il giornalista Ruy Sposati ha reso pubblica la violenza in atto sulla stampa locale denunciando anche l'impresa stessa:

Não é trivial. É a expulsão de jornalistas, em plena democracia, pelo aparato policial do Estado, do sítio de construção da obra mais cara da história do Brasil…., feita com dinheiro público, com seríssimos impactos humanos e ambientais, escassa demonstração de sua utilidade inúmeras acusações de violação da lei e, neste fim de semana, a incrível novidade de jornalistas expulsos por forças policiais, em plena democracia. Cabe lembrar que Belo Monte foi inicialmente orçada em R$ 4,5 bilhões e já se encontra em quase R$ 30 bilhões.

Non si tratta di una questione irrilevante. Qui si parla di espulsione di giornalisti, in piena democrazia, da parte delle forze di polizia, dallo spazio in cui sta creando l'opera più costosa della storia del Brasile … fatta con denaro pubblico e con gravissime ripercussioni sull'ambiente e gli esseri umani. Dimostra una scarsa utilità e ha comportato innumerevoli accuse di violazione di leggi e, questo fine settimana, l'incredibile novità dei giornalisti espulsi a forza dalla polizia. È bene ricordare che Belo Monte era inizialmente stimato intorno ai 4,5 milioni di Reais (circa 1 milione e 710 mila euro) mentre ora ne vale quasi 30 (circa 11 milioni e 409 mila euro).

Alcuni indigeni invadono il cantiere di Belo Monte. Foto di Ruy Sposati, immagine autorizzata.

Alcuni indigeni invadono il cantiere di Belo Monte. Foto di Ruy Sposati, immagine autorizzata.

A Rio de Janeiro, l'area destinata agli indigeni Aldeia Maracanã [it] è stata invasa per fare spazio al settore di circolazione dei tifosi che saranno presenti per la Coppa del Mondo 2014 e, in futuro, per il Museo Olimpico, una costruzione assai criticata da indigeni e attivisti. Il 26 aprile ci sono state proteste per l'invasione di questa zona.

L'utente di Youtube patrickgranja, ha pubblicato un video che mostra la violenza dei poliziotti contro i manifestanti:

Nello stato di Mato Grosso do Sul [it], indigeni dell'etnia Guarani-Kaiowá [it] continuano la loro battaglia per la sopravvivenza contro il massacro causato dagli interessi dei latifondi di bestiame, canna da zucchero e soia, i quali sono all'ordine del giorno nella regione, e la minaccia di perdere terre già delimitate per colpa delle lobby della parte più ruralista del Congresso.

Indígenas despejados da Aldeia Maracanã sob as ordes da presidente Dilma Rousseff, do governador do Rio Sérgio Cabral e do bilionário Eike BAtista, futuro dono do espaço. Cartum de Carlos Latuff, uso livre.

La Presidente Dilma Rousseff osserva gli indigeni allontanati con la forza dall'Aldeia Maracanã da Sérgio Cabral, governatore di Rio de Janeiro, e da Eduardo Paes, prefetto della città, sotto lo sguardo della mascotte dei mondiali di calcio 2014 e di Eike Batista, milionario e proprietario dell'impresa e vincitore dell'asta per la privatizzazione del Maracanã. Illustrazione di Carlos Latuff, immagine pubblica.

Assembleia Munduruku em Jacareacanga. Foto de Ruy Sposati, usada com permissão.

Assemblea di Munduruku a Jacareacanga. Foto di Ruy Sposati, immagine autorizzata.

Gli Indigeni si stanno battendo anche contro lo spionaggio al movimento Xingu Vivo effettuato dai servizi segreti brasiliani (ABIN) [it] contro l’invasione delle terre dei Munduruku [it], nello stato di Pará [it], da parte della Forza di Sicurezza Nazionale [un corpo simile alla DIGOS] e l'esercito, che stanno analizzando la possibilità di costruire centrali idroelettriche sul Tapajós [it], l'unico grande fiume della regione senza una diga. La popolazione locale ha il timore di vedere i propri terreni inondati e lo stravolgimento del loro modo di vivere; i Munduruku hanno cercato il dialogo con le istituzioni ma come risposta hanno ricevuto intimidazioni da parte della polizia. Tuttavia continuano a lottare.

Il giornalista Ruy Sposati, nell'intervistare Cândido Waro, presidente dell'Associazione Pusuru, gruppo rappresentante degli Indigeni, segnala come i Munduruku abbiano evidenziato l'assenza dei rappresentanti del governo alla riunione fissata per il 25 aprile e come i poliziotti abbiano utilizzato la forza quale strumento intimidatorio. Tutto questo si trova in un testo pubblicato sul sito del Consiglio Missionario degli Indigeni (CIMI):

O indígena disse que, por três dias, Jacareacanga esteve sitiada. “O governo trouxe mais de 200 policiais pra cá, o pessoal da cidade viu chegar pelo menos sete caminhões, helicóptero, avião, caminhonete, carro. Ficou igual em Itaituba [local onde teve início a Operação Tapajós]”, explica [Cândido Waro]. “E queriam que uma comissão [de lideranças indígenas] saísse da aldeia e fosse encontrar com eles na cidade, cheia de polícia. E isso a gente disse que não, foi uma decisão do nosso povo durante a assembleia de que queríamos receber o governo, mas tem que ser na nossa terra e sem policiais” [afirma Waro].

“O governo disse que estava com medo de ser atacado, e os vereadores disseram que eles pessoalmente cuidariam da segurança de todos os representantes. Mas aí eles falaram que só viriam se fosse com Força Nacional, Polícia Federal dentro da aldeia, que o Gilberto Carvalho [ ministro-chefe da Secretaria-Geral da Presidência da República do Brasil] falou isso pra eles” [disse Waro].

Cândido Waro ha raccontato che Jacareacanga [it] è stata circondata per tre giorni. “Il governo ha portato oltre 200 poliziotti, abbiamo visto arrivare sette camion, elicotteri, carri armati e autoblindate. Lo stesso è successo a Itaituba [it] [posto dove è iniziata l'operazione Tapajós]”. “Volevano che alcuni rappresentanti indigeni uscissero dal paese per incontrarli in città, blindata dalla polizia. Abbiamo rifiutato, l'incontro deve avvenire sulle nostre terre e senza la presenza di forze armate”.

“Il governo ha dichiarato che aveva paura di essere attaccato e i membri del consiglio comunale hanno promesso che personalmente si sarebbero presi in carico l'incolumità di tutti i rappresentanti, ma poi hanno risposto che sarebbero venuti ad incontrarci solo se scortati dalla Forza di Sicurezza Nazionale e dalla Polizia Federale all'interno del villaggio, queste le parole di Gilberto Carvalho [capo ministro della Segreteria Generale della Presidenza della Repubblica del Brasile]”.

La notizia della riunione tra rappresentanti del governo e indigeni è stata diffusa sul sito officiale della Segretaria Generale della Presidenza e contestata dai Munduruku in una lettera aperta:

Exigimos que o governo pare de tentar nos dividir e manipular, pressionando individualmente nossas lideranças, caciques ou vereadores. Lembramos que quem responde oficialmente pelo nosso povo são as coordenações das associações Munduruku, chamadas Pusuru e Pahyhy, as entidades representativas de todas as comunidades Munduruku. […]

Também exigimos que nossos direitos constitucionais sejam garantidos, sem que sejam usados como moeda de troca. E reafirmamos: somos contra as barragens e queremos todos os nossos rios livres. E nós vamos lutar por eles.

Pretendiamo che il Governo la smetta di provare a separarci e manipolarci facendo pressione sui nostri rappresentanti e capigruppo. Vogliamo ricordare che chi risponde direttamente per la nostra gente sono le associazioni Munduruku chiamate Pusuru e Pahyhy, portavoce di tutte le comunità Munduruku […]

Richiediamo anche che i nostri diritti costituzionali vengano rispettati senza essere utilizzati come merce di scambio. Infine vogliamo riaffermare che siamo contro le dighe e vogliamo i nostri fiumi liberi. Per tutto questo, noi continueremo a lottare.

Ad aprile, centinaia di indigeni hanno invaso il Congresso Nazionale [it] cercando visibilità per le loro rivendicazioni specialmente come segno di protesta contro la proposta di cambiamento della Costituzione numero 215 (PEC 215), che passa il potere della demarcazione delle terre indigene da Esecutivo a Legislativo.

2 commenti

  • Pdaro

    L’articolo presenta solo una relazione di fatti che riflettono un aspetto della realtà che è più ampia. Gli indiani (indios) del Brasile hanno un’area a loro riservata più grande della Francia, ma sono diversi gruppi in tutto il Brasile che, ricordiamo ha una superficie 29 volte più grande di Italia. E’ possibile metere insieme il progresso che il Brasile ha bisogno e la delocalizzazione degli indiani. Questo è stato fatto con l’Itaipu nel 1979 che ha dato il via alla industrializzazione del Brasile che oggi si vede. La regione dove si trova la Belo Monte è la più povera in Brasile e in cui ha necessità di creazione di industrie e di altri benefici: Scuola, ospetale, strade. E’ facile condannare la povertà e criticare il governo, ma sta diventando difficile da risolvere a causa di ostacoli che stanno creando. È qualcosa di simile che sta succedendo in Italia con TAV e Taranto.

  • Stefanuto Claudia

    Io penso sia necessario un dialogo alla pari, cioè rispettando i diritti di entrambe le parti perchè ognuna ha dei validi motivi per sentirsi dalla parte della ragione. E’ vero che non possiamo giudicare senza conoscere profondamente l’esigenza sia del governo che dei nativi, ma imporre si creano sempre presupposti di malcontento che poi sfociano in violenza. Mi sembra impossibile non riuscire a trovare un accordo di sviluppo che sia capito da entrambe le parti. Sono convinta che un mezzo ci deve essere se mettiamo da parte le convenienze economiche di pochi….

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