Russia: “l'annessione” di internet ad opera del Cremlino

Vladimir Putin speaks to the press at a conference in Minsk, April 29, 2014, Kremlin photo service, public domain.

Vladimir Putin si rivolge ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa a Minsk, 29 Aprile 2014, Servizio Fotografico del Cremlino, di pubblico dominio.

Nel corso degli ultimi due anni il governo russo si è dotato di tutti gli strumenti legali necessari ad attuare quasi qualsiasi forma di censura su internet. Nell'estate del 2012, è stato creato un registro federale che permette di creare una blacklist [it, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] di siti internet o domini che ospitano contenuti ritenuti dannosi per i minori. Nel corso di quest'anno, la procura generale ha ottenuto il potere di iscrivere al registro, in via extra-giudiziale, qualsiasi indirizzo web ritenuto colpevole di incoraggiare l'”estremismo”. Il 29 aprile 2014, la Camera Alta del parlamento ha votato una serie di “leggi anti-terrorismo“, che espandono ulteriormente i poteri dell'autorità nel controllo di internet. Dopo che le nuove misure legislative saranno firmate dal presidente Putin, il crowd-funding anonimo incontrerà maggiori restrizioni, mentre siti come Facebook e Twitter dovranno mantenere archivi di dati sul territorio russo (in modo che il Cremlino possa esercitare un più stretto controllo), e i blogger più popolari dovranno essere registrati e saranno soggetti alle stesse regolamentazioni imposte ai mass media tradizionali. 

Il paradosso di RuNet

Attualmente, qualora volessero chiudere un sito internet o ridurre al silenzio un blogger, le autorità russe disporrebbero di svariate opzioni. Ciononostante, per qualche ragione, i legislatori stanno continuando ad ampliare la gamma di strumenti di censura, come se quelli a disposizione non fossero sufficienti. In altre parole, la politica russa rispetto a internet sembra un paradosso. Mentre il Parlamento passa nuove leggi che sembrerebbero aprire la strada ad una completa repressione, gli attuali obiettivi della censura rimangono limitati.

Da febbraio, la Procura generale russa ha aggiunto [ru] oltre un centinaio di siti alla blacklist federale, inclusi i noti (benché poco frequentati) portali di informazione dell'opposizione Grani.ru, Kasparov.ru e EJ.ru. Inoltre i procuratori hanno bandito diversi siti collegati al più importante blogger politico russo, Alexey Navalny, che attualmente si trova agli arresti domiciliari. 

Ci sono decine di siti indipendenti ben più importanti dei tre colpiti dalle autorità, tuttavia è necessario considerare l'ampio attacco del Cremlino contro Navalny per capire perché egli sia stato colpito online. Detto questo, l'amministrazione russa non si è dimostrata restia nel sollevare problemi su internet, dove oligarchi vicini al Cremlino hanno interferito con mezzi di comunicazione come Gazeta.ruLenta.ru [en], e DozhdTV [en], e hanno spinto ad emigrare [en] il creatore e amministratore del più grande social network del paese. Queste intrusioni sono comunque avvenute nelle forme più familiari delle macchinazioni e delle pressioni dietro le quinte.

Nonostante l'apparente affidabilità dei mezzi di pressione tradizionali per tenere sotto controllo i media russi, questa settimana i legislatori hanno dimostrato il loro interesse per un'ulteriore ondata di disposizioni relative ad internet. Le nuove proposte, ancora in una prima fase di sviluppo, garantiscono allo stato poteri eccezionali, anche in confronto al recente pacchetto “anti-terrorismo”.

Il Cremlino non ha ancora finito

La prima spiegazione proviene dal senatore Maksim Kavdzharadze, che sta chiedendo l'istituzione in Russia di un sistema di internet separato [ru] da quello di Stati Uniti ed Europa. Riferendosi a questioni di sicurezza relative all'intelligence occidentale, Kavdzharadze avverte che “tutti in Russia sono membri dei social networks, dove rivelano dove sono stati e dove andranno”. La proposta di Kavdzharadze ha attirato particolare attenzione, non tanto per la sua bizzarria quanto per il nome suggerito che ha suggerito per l'internet russo: “Cheburashka”, un amato personaggio dei cartoni animati di epoca sovietica. (Il giorno successivo, innervosito della reazione del pubblico, il senatore ha modificato [ru] le sue dichiarazioni per dire che non è il sostenitore di una cortina di ferro digitale)

Mentre il pubblico rideva del sogno di Kavdzharadze per un internet autarchico, il quotidiano Kommersant pubblicava una storia [ru] a proposito di un'altra, e probabilmente più seria, iniziativa governativa. Secondo una fonte anonima, il Cremlino starebbe lavorando ad una legislazione che garantisca allo stato il totale controllo di internet. 

Secondo questo progetto, i provider sarebbero obbligati ad utilizzare server DNS collocati in Russia, permettendo al governo di gestire indirizzi URL e IP, così da rendere possibile il blocco dell'accesso ad alcuni siti. Dovrebbe inoltre essere creato un sistema a più livelli per il trasferimento di dati online, bloccando le reti locali e regionali dall'interagire con le reti estere. Il governo vorrebbe filtrare i contenuti a tutti i livelli di internet (benché l'articolo del Kommersant non specifichi quali sarebbero i bersagli). Infine si propone di trasferire il controllo delle funzioni del Centro di coordinamento per i domani .ru e .РФ [en] ad un'agenzia interna al Cremlino, ponendo le basi per un maggiore controllo di quello che potrebbe divenire un dominio privilegiato interno alla Russia.

Organizzati di tutto punto senza nessuno da censurare?

La scorsa settimana, Vladimir Putin ha sembrato appoggiare lo sviluppo dei nuovi strumenti per il controllo di internet, dicendo ad un gruppo di giornalisti che il web “iniziato come un progetto della CIA” [ru] e come tale continua. Ha affermato anche che Yandex, il principale motore di ricerca russo, è sottoposto ad una pressione sleale da parte delle controparti americani ed europee, lamentando il fatto che per sopravvivere l'azienda avesse dovuto accettare dirigenti stranieri. Comunque, secondo Leonid Bershidsky,  giornalista di Forbes Russia, le lamentele di Putin a proposito di Yandex sono infondate [ru], essendo proprio il motore di ricerca la principale vittima delle pressioni del Cremlino.

L'accumulazione di strumenti finalizzati alla censura online sembra una corsa agli armamenti. Fino ad ora il Cremlino si è trattenuto dal rilasciare pienamente il suo arsenale, su di un paese di circa 100 milioni di netizen. Ci sono stati attacchi isolati alla libertà di informazione, come l'azione della Procura generale contro Navalny e alcuni altri portali, ma la generale indipendenza di RuNet sopravvive, benché vacillando. Tuttavia se questa è una corsa agli armamenti, un giorno il Cremlino potrebbe decidere che essere sufficientemente equipaggiato per eliminare la minaccia politica insita in un RuNet libero.

Se quel momento dovesse arrivare, la Russia diventerebbe un posto molto diverso.

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