Norvegia: testimonianza diretta sulla strage di Utøya

Il mondo è ancora sotto shock per la strage di venerdì scorso 22 luglio per il  massacro di  85 persone che stavano partecipando a un campeggio politico per ragazzi sull'isola di Utøya in Norvegia. Il killer, già identificato come Anders Behring Breivik [en], ha indossato una divisa da poliziotto e poi ha aperto il fuoco contro chiunque fosse nei dintorni, sparando anche a quanti tentavano di scappare via mare. Breivik è anche sospettato di aver piazzato le bombe che poche ore prima nel centro di Oslo avevano provocato sette vittime, oltre a ingenti danni agli edifici governativi.

Il campeggio estivo di Utøya [no, come gli altri link eccetto ove diversamente indicato] è un evento annuale organizzato dalla AUF (Arbejdernes Ungdomsfylking), sezione giovanile del Partito Laburista [it] norvegese. Giovani di tutto il Paese si riuniscono per discutere di politica, ascoltare musica, praticare sport e ascoltare i discorsi dei politici in carica e non. Utøya dista meno di un'ora in macchina dal centro di Oslo. Nella prime ore del mattino, prima dell'arrivo dell'omicida, l'account Twitter dell'AUF e l'hashtag #Utøya riportavano che circa 700 partecipanti stavano discutendo su temi quali ambiente, diritti delle donne e politica in Medio Oriente. “Piove, ma l'atmosfera è positiva”. Subito dopo, l'account Twitter tace.

 

Prableen Kaur

Prableen Kaur

Una storia di sopravvivenza

Sabato scorso, Prableen Kaur, giovane leader politica di Oslo, 23 anni, ha pubblicato sul suo blog un racconto in prima persona su quanto accaduto al campo. È riuscita a sfuggire all'omicida e a sopravvivere, usando il telefono cellulare, Twitter e Facebook per informare la famiglia e gli amici di essere ancora viva. Il quotidiano inglese The Telegraph ha tradotto l'intero post in inglese [en]. Centinaia di persone hanno poi lasciato dei commenti, offrendole sostegno e auguri.

Ecco alcuni stralci della sua traumatica storia:

Jeg har våknet. Jeg klarer ikke å sove mer. Jeg sitter i stuen. Føler sorg, sinne, lykke, Gud jeg vet ikke hva. Det er for mange følelser. Det er for mange tanker. Jeg er redd. Jeg reagerer på hver minste lyd. Jeg vil nå skrive om hva som skjedde på Utøya. Hva mine øyne så, hva jeg følte, hva jeg gjorde.

Mi sono svegliata. Non riesco a riprendere sonno. Sono seduta in soggiorno. Provo dolore, rabbia, gioia, Dio, non so cosa. Troppe emozioni. Troppi pensieri. Ho paura. Reagisco a ogni minimo rumore. Voglio scrivere cosa è successo a Utøya. Cosa ho visto con i miei occhi, cosa ho provato, quel che ho fatto.

Vi hadde hatt krisemøte i hovedbygget etter eksplosjonene i Oslo. Etter det var det et eget møte for medlemmene fra Akershus og Oslo. Etter møtene befant mange, mange seg rundt og i hovedbygget. Vi trøstet oss med at vi var trygge på en øy. Ingen hadde visst at helvete ville bryte ut hos oss også.

Subito dopo le esplosioni a Oslo, abbiamo indetto una riunione straordinaria nell'edificio centrale. Successivamente era in programma una riunione per i membri di Akershus e Oslo. Di conseguenza, dopo queste riunioni c'era moltissima gente sia dentro che nei pressi dell'edificio. Ci siamo consolati con il fatto che sull'isola eravamo al sicuro. Nessuno poteva sapere che presto anche lì sarebbe arrivato l'inferno.

Kaur racconta la confusione e l'orrore scoppiati non appena lei e gli altri tutt'intorno hanno sentito i colpi di pistola, fuggendo verso la sala sul retro, cercando di ripararsi e sdraiandosi sul pavimento. Gli spari continuavano, i ragazzi hanno preso a saltare dalla finestra e Prableen ricorda di aver avuto paura di morire quando ha visto un ragazzo saltare senza più rialzarsi. Poi, ripresasi dal duro atterraggio, ha iniziato a correre verso i boschi. Ha telefonato alla madre in lacrime, dicendole che non sapeva se sarebbe riuscita a sopravvivere.

In quegli stessi momenti scriveva su Twitter:

@PrableenKaur: Jeg lever foreløpig.

@PrableenKaur: Sono ancora viva.

La sua storia prosegue così:

Folk hoppet ut i vannet, begynte å svømme. Jeg ble liggende. Jeg bestemte meg for at hvis han kom, skulle jeg spille død. Jeg skulle ikke løpe eller svømme. Jeg kan ikke beskrive frykten, alle tankene, det jeg følte.

En man kom. ”Jeg er fra politiet.” Jeg ble liggende. Noen skrek tilbake at han måtte bevise det. Jeg husker ikke helt hva ham sa, men morderen begynte å skyte. Han ladet. Skjøt mer. Han skjøt de rundt meg. Jeg ble liggende. Jeg tenke: ”Nå er det over. Han er her. Han tar meg. Nå dør jeg.” Folk skrek. Jeg hørte at andre ble skutt. Andre hoppet ut i vannet. Jeg lå der. Mobilen i hånden. Jeg lå oppå beina til en jente. To andre lå oppå mine bein. Jeg ble liggende. Det tikket inn tekstmeldinger. Mobilen ringte flere ganger. Jeg ble liggende. Jeg spilte død. Jeg lå der i minst en time. Det var helt stille. Jeg vred forsiktig på hodet for å se om jeg kunne se noen levende. Jeg så lik. Jeg så blod. Frykt. Jeg bestemte meg for å reise meg. Jeg hadde ligget oppå et lik. To lik lå på meg. Jeg hadde englevakt.

La gente ha iniziato a tuffarsi in acqua e a nuotare. Io ero distesa per terra. Avevo deciso che se si fosse avvicinato mi sarei finta morta. Non mi sarei messa a correre e neppure a nuotare. È impossibile descrivere il terrore di cui ero preda e come mi sentivo in quel momento. Poi è arrivato lì vicino. “Sono un poliziotto”. Io ero distesa per terra. Alcuni gli hanno gridato di dimostrarcelo. Non ricordo esattamente cosa abbia risposto, ma ha iniziato a sparare. Ricaricava e sparava contro chiuqnue. Io sono rimasta distesa per terra. Ho pensato: “È finita. È qui. Mi sparerà. Morirò”. Urla continue. Sentivo gli spari continui. Alcuni si sono tuffati in acqua. Io stavo sempre ferma lì. Stringevo in mano il telefono cellulare, ero distesa sulle gambe di una ragazza. Altre due erano ai miei piedi. Sono rimasta distesa lì. Il cellulare continuava a squillare. Mi sono finta morta. Sono rimasta così almeno un'ora. Poi quando non ho sentito più niente, ho iniziato a girare lentamente la testa per vedere se c'era qualcuno ancora vivo. Mi sono guardata intorno. Ho visto sangue. Paura. Ho deciso di alzarmi. Ero distesa su un cadavere. Altri due cadaveri erano sopra di me. Qualcuno dal cielo mi ha protetto. 

Kaur non poteva sapere se il killer sarebbe tornato e così si è tuffata in acqua con gli altri. È stata tratta in salvo da una barca, e sull'altra sponda ha riabbracciato il padre e il fratello .

Lungo il viaggio verso il campeggio estivo lo scorso 21 luglio, Kaur aveva scritto su Twitter:

@PrableenKaur: Er på vei til Utøya – sommerens vakreste eventyr.

@PrableenKaur: In viaggio per Utøya – la più bella avventura dell'estate.

L'ultimo paragrafo del post descrive così la terrificante giornata:

Det har gått noen timer siden alt dette skjedde. Jeg er fortsatt i sjokk. Alt har ikke sunket inn. Jeg har sett lik av mine venner. Flere av vennene mine er savnet. Jeg er glad for at jeg kan svømme. Jeg er glad for at jeg lever. For at Gud passet på meg. Det er så mange følelser, så mange tanker. Jeg tenker på alle de pårørende. På alle jeg har mistet. På det helvete som er og var på øya. Sommerens vakreste eventyr er forvandlet til Norges verste mareritt.

Sono passate poche ore da quando è accaduto. Sono ancora sotto shock. Mi scorre ancora tutto davanti agli occhi. Ho visto i cadaveri dei miei amici. Molti altri sono ancora dispersi. Sono felice di saper nuotare. Sono felice di essere viva. Dio mi ha protetto. Quante emozioni, quanti pensieri… penso a tutti i familiari, a tutti coloro che ho perso, all'inferno che c'è stato su quell'isola. La più bella avventura di quest'estate si è trasformata nel peggiore degli incubi per la Norvegia.

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