In Burundi, quattro giornalisti arrestati e in carcere da mesi attendono l'appello

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La Casa della Stampa a Bujumbura, da cui è stato bloccato l'accesso a radio indipendenti. 19 Maggio 2010. Foto di DW Akademie – Africa via Flickr, CC BY-NC 2.0 [en].

Quattro giornalisti — Agnès Ndirubusa, Christine Kamikazi, Térence Mpozenzi ed Egide Harerimana — sono stati accusati di tentata minaccia alla sicurezza dello stato e condannati a gennaio 2020.

I quattro, che lavorano tutti per il giornale Iwacu, rifiutano decisamente l'accusa. Ora attendono [en] una decisione in appello sulla loro condanna al carcere, dopo l'udienza del 6 maggio. 

Antoine Kaburahe, fondatore di Iwacu che ora vive in esilio, ha scritto [fr, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]: 

Ultim'ora: Fine dell'udienza del tribunale a Bubanza. La difesa di Iwacu è soddisfatta. Le accuse contro i giornalisti non reggono. I giornalisti stavano solo facendo il proprio lavoro: documentare. Che sollievo! Il caso è sotto esame, verdetto in massimo 30 giorni. Forza!

Trattenuti per aver documentato

Il 22 ottobre, le forze di sicurezza del Burundi combatterono contro un gruppo armato anti-governo — stando a quanto riportato da RED-Tabara, con base nella Repubblica Democratica del Congo — attorno all'area di confine della foresta di Kibira. Gruppi armati hanno spesso usato quest'area per spostarsi nella regione. Si disse che 14 ribelli furono uccisi nella battaglia, mentre le forze di sicurezza subirono circa 10 vittime.

Più tardi quel giorno, la polizia trattenne i quattro giornalisti ed il loro autista, Adolphe Masabarakiza, quando furono a documentare nel comune di Musigati, nella provincia di Bubanza, per parlare con le persone che eranno fuggite dalla battaglia. Inizialmente, furono trattenuti senza accuse, e Christine Kamikazi fu a quanto si dice picchiata al momento dell'arresto. La polizia sequestrò telefoni e materiali ed i servizi di intelligence pretesero le password per ispezionare i loro telefoni.

I giornalisti furono poi trasferiti in altre celle in condizioni deploveroli. Il 26 ottobre, nella provincia di Bubanza, furono infine accusati di “complicità nella minaccia alla sicurezza dello stato.” Il 31 ottobre, la pubblica accusa lo confermò e li accusò di avere informazioni sull'attacco dei ribelli.

Varie organizzazioni immediatamente richiesero il loro rilascio, incluse Human Rights Watch, la Federazione Internazionale dei Giornalisti, Olucome [Osservatorio di Lotta contro la Corruzione e le Appropriazioni Economiche indebite], la Federazione Africana dei Giornalisti e l’ Associazione delle Emittenti Radiofoniche del Burundi. Tuttavia, il Consiglio Nazionale delle Comunicazioni affermò al tempo di non poter discutere la materia. Iwacu criticò questa reazione, ricordando che furono prima trattenuti senza accusa e che si suppone il consiglio debba sostenere i giornalisti.

Molti espressero sostegno online e firmarono una petizione. Media [en] internazionali parlarono di minaccia alla libertà di stampa, mentre Iwacu continua a seguire la situazione da vicino. 

Il giornalista Esdras Ndikumana ha scritto su Twitter

Burundi: 4 giornalisti di Iwacu (ed il loro autista) accusati di “complicità nella minaccia alla sicurezza interna dello stato” per aver documentato un'incursione ribelle, abbandonati a Bubanza, nella prigione di questa provincia (Disegno di Yaga)

Udienza

Dopo essersi appellati alla decisione sulla loro detenzione, la data per l'udienza in tribunale fu decisa per il 18 novembre. A loro sorpresa, furono citati ad apparire di fronte ai giudici per l'interrogatorio l'11 novembre — ma senza avvocati. Si rifiutarono di rispondere senza assistenza legale, chiedendo perché i propri avvocati non erano stati informati in anticipo, e poi tornarono alla detenzione, per essere riascoltati il 18 novembre. 

Il 20 novembre, si decise che i quattro giornalisti rimanessero in detenzione, ma l'autista fu provvisoriamente rilasciato. L'accusa originariamente richiese una sentenza di 15 anni di prigione

Il presidente Pierre Nkurunziza disse durante una conferenza stampa il 26 dicembre di voler un processo giusto ma che poteva solo intervenire come ultima risorsa, anche se avrebbe potuto utilizzare il proprio potere per garantire una grazia presidenziale.

Sentenza

Il 30 gennaio, a Bubanza, i quattro giornalisti furono condannati a due anni e mezzo di prigione ed a un multa di un milione di franchi ciascuno (521 dollari) come dall'Articolo 16 del Codice Penale, mentre l'autista fu assolto.

L'accusa non poté provare alcun legame effettivo con i ribelli, quindi la condanna fu cambiata a “impossibile tentativo di complicità nella minaccia della sicurezza di stato,” cioé — che intendevano minacciare la sicurezza di stato ma questo non fu possibile. 

Iwacu segnalò che i reporter andarono nell'area dopo che le autorità avevano pubblicamente menzionato l'incidente, erano stati accreditati, e non c'erano restrizioni nell'area.

L'elemento chiave usato come prova contro i giornalisti fu un messaggio di WhatsApp inviato da uno dei reporter ad un amico, che diceva che stavano andando ad “aiutare i ribelli.” Sostennero che si trattava di umorismo —  il governo ha spesso unito critiche, oppositori politici, e gruppi armati per giustificare giri di vita [en] generalizzati. Ma il messaggio fu preso letteralmente come prova contro di loro. 

Reporter Senza Frontiere (RSF) sostennero che i giornalisti dovrebbero essere in grado di documentare su temi semsibili senza paura di rappresaglie, in particolare prima dell'elezione in Burundi del 20 maggio. Fecero una petizione chiedendo la loro liberazione, che ottenne quasi 7000 firme ad inizio maggio.

Deputati dell'Unione Europea, il Parlamento Europeo, ed esperti di diritti umani delle Nazioni Unite sono tra quelli che hanno chiesto la loro liberazione.

Appello

Il 20 febbraio, i giornalisti si sono appellati, mettendo in discussione la qualità del processo legale, incluso il cambio dell'accusa originale senza notifica appropriata. Il 6 maggio, i giornalisti sono apparsi ad un udienza di appello, dopo circa sei mesi in carcere.

Rispondendo all'accusa basata sul messaggio di WhatsApp, la difesa ha fatto notare che in un altro messaggio, un giornalista diceva che i ribelli venivano a “minacciare la pace.” RFI ha citato il loro avvocato difensore, Clément Retirakiza, dicendo che c'era un'assenza di prove contro di loro, e volevano dimostrare che si era trattato di un viaggio puramente professionale.

Iwacu è stata a lungo una voce independente che critica la violenza politicizzata — è uno degli ultimi organi di stampa indipendenti in seguito al giro di vite [en] del 2015.

Una storia di violenza contro giornalisti

Dopo le controverse elezioni del 2015 — in cui Nkurunziza ritornò per un terzo mandato che molti sostennero essere incostituzionale — ci fu un colpo di stato fallito. L'ambiente dei media velocemente deteriorò [en]. Varie stazioni radiofoniche — su cui si poteva far maggiore affidamento per l'informazione in Burundi — furono chiuse [en] ed alcune furono attaccate. Decine di giornalisti scapparono ed alcuni subirono torture, come Esdras Ndikumana.

Numerosi giornalisti hanno anche sperimentato violenza da parte di forze di sicurezza, in particolare quando documentavano su temi ritenuti “sensibili” dallo stato. Alla fine del 2015, il cameraman Christophe Nkezabahizi fu ucciso dalla polizia insieme a tre membri della sua famiglia, in un'operazione contro le proteste seguite alle contestate elezioni.

A luglio 2016, Jean Bigirimana fu fatto scomparire [en] con la forza, a quanto si dice fu arrestato dai servizi di intelligence (SNR), con una indagine poliziesca ridotta. 

Quest'anno, il 16 gennaio, il reporter Blaise-Pascal Kararumiye di Radio Isanganiro (Meeting Point Radio) è stato arrestato in seguito ad un'inchiesta sul bilancio del governo locale. Il 28 aprile, il giornalista Jackson Bahati è stato picchiato da un ufficiale di polizia durante un servizio.

I media internazionali non sono stati risparmiati, con BBC e VOA bannati [en] nel 2019. RSF classifica il Burundi 160esimo posto su 180 paesi in quanto a libertà di stampa — è sceso di 15 posti dal 2015.

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