Bolivia: una nuova strada minaccia i territori indigeni di Isiboro Sécure

Costruiremo questa strada, che vi piaccia o meno” [es] ha dichiarato il Presidente boliviano Evo Morales [it] in un discorso tenuto a Sacaba [en, come gli altri link tranne ove diversamente indicato] il 30 giugno scorso, riferendosi al controverso progetto per la realizzazione di una nuova strada che dovrebbe attraversare il Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sécure (TIPNIS).

La pianificazione e la conseguente fase preparatoria per la costruzione del secondo tratto di un asse viario nazionale che collegherà le valli di Cochabamba [it] alle pianure del Beni [it], hanno suscitato forti proteste da parte dei gruppi indigeni le cui terre risulterebbero minacciate dalla realizzazione della strada. Il progetto mette in causa l'impegno assunto da Morales a favore dei diritti all'autonomia delle comunità indigene e della protezione dell'ambiente, due tematiche che il primo presidente indigeno della Bolivia ha orgogliosamente ostentato come i pilastri della sua amministrazione.

Un'infrastruttura che suscita molte polemiche

Mappa del Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sécure

Mappa del Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sécure

Forte di un finanziamento di 332 milioni di dollari concesso dal vicino Brasile, Morales ha apposto la sua firma su una legge che da luce verde alla costruzione della strada da Villa Tunari [it] (nel dipartimento di Cochabamba) a San Ignacio de Moxos nel Beni. Isiboro Sécure, dichiarato parco nazionale nel 1964 e proclamato territorio indigeno nel 1990, gode di una doppia tutela: è protetto in quanto riserva naturale che presenta un ecosistema ricchissimo in termini di biodiversità e in quanto territorio abitato dalle comunità indigene dei Moxeños, degli Yuracaré e dei Chimanes.

In occasione della ventinovesima assemblea dei membri del consiglio del TIPNIS [es] (i corregidores), i presenti hanno approntato una dichiarazione che illustra la loro posizione in merito al progetto proposto. Nella risoluzione [es], rilanciata sul blog Defendamos el TIPNIS [es] (Difendiamo il TIPNIS), si legge che gli abitanti del territorio indigeno “rifiutano in modo definitivo e non negoziabile la costruzione della strada da Villa Tunari a San Ignacio de Moxos o di qualsiasi tratto di strada che minacci il nostro territorio, la nostra grande casa”. Si afferma inoltre che:

3. La decisión de la construcción de la carretera se ha tomado sin seguir los procedimientos técnicos y legales, sin un estudio de impacto ambiental previo, sin aplicar el derecho a consulta de los pueblos indígenas dentro del TIPNIS, transgrediendo la misma Constitución Política del Estado Plurinacional (CPEP) recientemente aprobada en sus artículos 30 y 343, además de transgredir las leyes que preservan el medio ambiente.

3. La decisione di costruire la strada è stata presa senza aver seguito il necessario iter tecnico e legale, senza aver effettuato previamente una valutazione di impatto ambientale, senza aver applicato il diritto di consultazione dei popoli indigeni che abitano il TIPNIS, in aperta violazione degli articoli 30 e 343 della Costituzione Politica dello Stato Plurinazionale (CPEP) boliviano recentemente approvata. Inoltre, il progetto non rispetta le leggi a tutela dell'ambiente.

 

 

Un atteggiamento incomprensibile

La mancata consultazione delle comunità native, che vedrebbero le loro terre e il loro mezzi di sussistenza minacciati dalla costruzione dell'infrastruttura, ha causato grande perplessità tra tutti coloro che sono soliti vedere il Presidente Morales come colui che ha messo i diritti e gli interessi delle comunità indigene tra le priorità del suo governo. Il blogger Pablo Andrés Rivero [es] ha dedicato diversi post a questo argomento e fa riferimento al concetto di autonomia indigena, la cui importanza è stata notevolmente ampliata dalla nuova costituzione boliviana approvata nel 2009. Secondo Rivero:

In questo ambito, una delle più importanti modifiche introdotte dalla costituzione è l'autonomia indigena, un particolare istituto che stabilisce criteri per l'autogoverno e l'assunzione di decisioni e che permette ai popoli nativi di decidere, direttamente e nella loro piena capacità, come gestire le risorse naturali e le modalità di sviluppo nelle zone in cui vivono da secoli, nel pieno rispetto delle loro tradizioni, della loro storia e delle loro scelte.

[…] Vale la pena di ricordare che il Governo non è più in mano alle elite bianche e meticce ma è capeggiato da Evo Morales, lui stesso indigeno, salito al potere dichiarando di voler restituire una volta per tutte la dignità ai nativi, sostenendo di voler fare in modo che tutti vivano in equilibrio con la natura e dicendo di voler rispettare le decisioni del popolo o come lui stesso ha dichiarato “governare obbedendo al popolo”.

La decisione di costruire la strada e la determinazione dimostrata da Morales a portare avanti il progetto senza preoccuparsi delle contestazioni, smentisce l'immagine di paladino dell'ambiente che il Presidente boliviano aveva assunto sulla scena internazionale. Nel suo discorso alle Nazioni Unite, Morales aveva avanzato risoluzioni volte a promuovere “un approccio olistico alla ricerca dell'armonia con la natura e uno scambio di esperienze tra le nazioni in merito ai criteri e agli indicatori per misurare lo sviluppo sostenibile”.

Anche il suo sostegno incondizionato alla Conferenza dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, svoltasi nell'aprile 2010, a questo punto risulta ambiguo; le azioni intraprese per la realizzazione della strada paiono incompatibili con le sue prese di posizione a favore della protezione dell'ambiente sulla scena internazionale. Rivero aggiunge:

Morales ha fatto il giro del mondo sostenendo – e lodando – la decisione della Bolivia di vivere in equilibrio con la Pachamama [it], propagandando la sua legge sulla “Madre Terra” e chiedendo azioni concrete e compesazione economica per i cambiamenti climatici a favore dei paesi poveri da parte delle nazioni industrializzate.

"La foresta è vita, la strada è morte."

"La foresta è vita, la strada è morte." Graffiti con tecnica stencil nelle strade di Cochabamba. Foto di Patricia Vargas ripresa con autorizzazione.

Il Governo difende il progetto sostenendo che le comunità native del TIPNIS risultano troppo isolate e che la strada favorirebbe un più alto grado di sviluppo e una “maggiore presenza dello Stato” attraverso la quale verrebbero garantiti un migliore accesso ai servizi sanitari, all'istruzione e agli scambi commerciali. Oltre a questo, tuttavia, la realizzazione della strada andrebbe a favorire l'espansione delle attività illegali, che arrecherebbero ulteriori danni all'ambiente e rappresenterebbero una minaccia allo stile di vita delle comunità indigene.

Alcuni studi dimostrano che la costruzione della strada, nel giro di vent'anni, porterebbe alla deforestazione del 65% del territorio [es, come tutti i link che seguono] a causa del taglio illegale degli alberi e del disboscamento per ricavare terreni agricoli, due pratiche che già ora sono un grosso problema in buona parte di queste zone.

Altre voci contrarie al progetto prevedono che un aumento delle piantagioni illegali di coca nella zona potrà persino portare a un incremento delle attività legate al narcotraffico. Alejando Almaráz, ex vice Ministro del Territorio dell'amministrazione Morales, ha affermato che la strada fornirà maggiori opportunità per massicce “appropriazioni indebite di terreni e un traffico di coca illegale senza più controllo. Questo è un grave problema che distruggerà le comunità native e l'ambiente perché le colture di coca verranno piantate nei luoghi in cui un tempo c'erano delle superfici boschive”.

È proprio su questo punto che l'attenzione rivolta da Morales agli abitanti della parte meridionale del TIPNIS si configura come un conflitto di interessi. Buona parte di queste comunità “stanno già contrattando l'acquisto di terreni con i coltivatori di coca” sottolinea l'insigne antropologo Xavier Albo. I primi passi di Morales nel mondo della politica sono stati fatti in qualità di leader sindacale dei “cocaleros” [en], i coltivatori di coca, e ancora oggi conserva la sua posizione di presidente delle Sei Federazioni del Tropico di Cochabamba, il principale sindacato della categoria.

Secondo il Governo Boliviano, le comunità indigene vengono influenzate dalle ONG europee e verrebbero da queste istigate ad avanzare pretese di denaro. Ciononostante, l'utente (@hormigoazul) crede che il movimento di opposizione non sia frutto di un disegno politico:

El problema del #TIPNIS no es esencialismo ecologista, ni protección de ni intervencionismo tipo ONG, ni jugada política de la oposición.

Il problema del #TIPNIS non è essenzialismo ecologista, né un'intervento delle ONG né un gioco politico da parte dell'opposizione.

Secondo quanto afferma Majo Ferrel (@lamajoferrel), nelle città sono in molti a sostenere la resistenza indigena:

El proyecto carreterro V.Tunari a S.I.Moxos no solamente es cuestionado por los del TIPNIS tb por gran parte de la sociedad civil !!!

Il progetto per costruire la strada da Villa Tunari a San Ignacio de Moxos non è messo in dubbio solo dagli abitanti del TIPNIS ma anche da una larga parte della società civile!!!

Per dare voce a questo movimento di opposizione, la Confederazione dei Popoli Indigeni della Bolivia (CIDOB) sta organizzando una marcia nazionale che inizierà il 2 Agosto da Villa Tunari e si muoverà verso la sede del Governo nella capitale La Paz. Il CIDOB ha ricevuto l'appoggio anche del Consiglio Nazionale degli Ayllu e dei Marka di Qullasuyu (CONAMAQ).

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