Tunisia, Algeria: la “rivoluzione” non passa in TV ma viaggia sui social media

In questi giorni le proteste in Algeria e Tunisia sono state al centro dell'attenzione dei blogger di entrambi i Paesi. I social media sembra stiano svolgendo un ruolo fondamentale nel riportare notizie sugli eventi che si stanno svolgendo in un contesto di pesante censura e forti restrizioni imposte ai media tradizionali (in gran parte statali) e a Internet. Ecco una panoramica dei materiali diffusi nelle blogosfere locali durante gli ultimi giorni.

In Tunisia

Non appena sono trapelate le notizie dei colpi di arma da fuoco sparati dall'esercito contro quanti manifestavano in maniera pacifica, i netizen hanno cercato notizie sull'effettivo numero dei  morti. Il dibattito su Twitter e sui social network è stato dominato da cifre contrastanti sul numero delle vittime.

Com'era prevedibile, la TV tunisina di proprietà statale TV7 non è apparsa interessata al dramma in atto, come racconta Nawaat (@nawaat), testata d'informazione indipendente [fr, come gli altri link eccetto ove diversamente indicato]:

La chaine nationale TV7 diffuse un concert de musique alors que la police tire à balles réelles sur les manifestants #sidibouzid

La TV7 nazionale sta trasmettendo un concerto mentre la polizia spara contro i manifestanti #Sidibouzid

Dal Marocco Moorish Wanderer (@MoorishWanderer) esprime preoccupazione con questo messaggio via Twitter:

Mi preoccupa il fatto che #ZABA (Zine El Abidine Ben Ali) abbia chiamato l'esercito. C'è stato qualche caso di ammutinamento fra esercito/polizia? Perchè altrimenti si prospetta un bagno di sangue #Sidibouzid

In Mauritania Nasser (@Weddady) sembra seguire molto da vicino gli eventi. Citando agenzie di stampa e seguendo i vari “tweet”, ha pubblicato i primi nomi delle vittime emersi nella zona di Kasserine, dove pare ci sia stato un massiccio spiegamento di truppe:

Ecco i nomi di alcuni assassinati questa sera dal #Regime tunisino: Marwane Jamli, Mohamed Oumari, Ahmed Boulabi, Nouri Boulabi, Abdelkader Boulabi #Sidibouzid

La blogger Lina Ben Mhenni si è recata a Regueb nella regione di Sidi Bouzid, dove una settimana fa si erano avute le prime manifestazioni, dopo che un giovane laureato, Mohamed Bouazizi, si era immolato in un gesto di disperazione perchè la polizia gli aveva confiscato la bancarella su cui vendeva frutta e verdura. In questo post descrive quanto ha visto:

Questa sera sono andata a Regueb, dopo aver saputo degli scontri tra i dimostranti e la polizia, e della morte di varie persone uccise dai proiettili della polizia. Oggi sono state uccise 5 persone: Manel Boallagui (26), madre di due bambini , Raouf Kaddoussi (26) , Mohamed Jabli Ben Ali (19), Moadh Ben Amor Khlifi (20), Nizar Ben Ibrahim ( 22) . Adesso non posso raccontare i dettagli! Lo farò più tardi. Saranno le foto a parlare.

Ecco la foto di una delle vittime, poi pubblicata da Lina:

Foto di Lina Ben Mhenni (con licenza Creative Commons BY-NC-ND)

Khanouff, il cui blog è stato censurato in Tunisia, lamenta l'assenza di qualsiasi tipo di intervento da parte dei governi occidentali nonostante il numero delle vittime sia in aumento:

[L]a comptabilité macabre continue, alors et si les chancelleries occidentales nous disent leur prix, nous renseignent sur le nombre de morts à atteindre pour lâcher leur protégé! Combien de morts pousseront-ils le Quai d’Orsay, et autres manipulateurs de marionnettes corrompus à agir? Dites nous svp combien de litres de sang vous faudra t-il ! Combien ! Combien de morts il vous faudrait messieurs les donneurs de leçons ?

Il macabro conteggio prosegue. Governi d'occidente diteci per cortesia qual'è il vostro prezzo? A quale numero di vittime dobbiamo arrivare prima che smettiate di appoggiare i vostri protetti! Quanti morti sono necessari al Quai d'Orsay, e ad altri corrotti burattinai, perchè entriate in azione? Per favore diteci di quanti litri di sangue avete bisogno! Quanti! Signori, qual'è il numero di assassini che vi sarà sufficiente ?

fléna bent flén è una blogger tunisina. Propone la sua opinione sugli eventi in corso nel Paese tramite questa breve poesia (estratto):

Je ne suis pas d’humeur à écrire
Mais je n’arrive pas à dormir
L’effet de la caféine ? Pire…

Je ne suis pas d’humeur à faire la rime
Mais c’est mieux que de faire le mime
Dénoncer un crime
Un parmi d’autre dans cet abîme..

Je ne suis pas d’humeur à pleurer
Mais je ne peu m’en empêcher,
On se fait encore tué..

Non sono in vena di scrivere
Ma questa notte non riesco a dormire
Effetto della caffeina? Qualcosa di peggio …

Non sono dell'umore di comporre rime
ma è meglio che fare pantomime
voglio raccontare un crimine
uno in più in quest’ epoca complicata ..

Non sono dell'umore per piangere
ma non ne posso fare a meno
Ci vogliono uccidere .. ci vogliono morti

Sia la bandiera nazionale che l'inno si sono rivelati simboli importanti per i dimostranti. I blogger hanno usato la bandiera nei loro blog.

Per manifestare lutto e solidarietà con le vittime e i loro familiari, il blogger bokOussama suggerisce di usare la nuova simbolica bandiera nella blogosfera. Scrive:

La couleur rouge, rouge comme le sang des martyrs qui a coulé hier à Gassrine et autres régions tunisiennes, ne reviendra point à ce drapeau que lorsque dignité et liberté ne soient rendus au Pays qui le représente.

Il rosso, il colore del sangue dei martiri che ieri sono morti a Kasserine e in altre parti della Tunisia. Il colore rosso non tornerà a far parte di questa bandiera finchè la dignità e la libertà non torneranno a regnare in questo Paese, che ne ha tutti i diritti.
Foto tratta dal blog vie de ingénieur…vie de chien

Foto tratta dal blog vie de ingénieur…vie de chien

Anche il blogger Adel parla della bandiera nazionale:

Le drapeau de mon pays, rouge comme le sang de ceux qui ont reçu des balles dans le dos à Sidi Bouzid, rouge comme le sang des dizaines de jeunes qui sont tombés sous les balles à Kasserine, rouge comme le sang qui s’est mélangé au feu de ceux qui se sont fait immolé.

Le drapeau de mon pays pour ceux qui le croyaient mauve est … rouge

La bandiera del mio Paese è rossa, come il sangue di coloro a cui hanno sparato alle spalle a Sidi Bouzid, rosso come il sangue di dozzine di giovani che sono caduti sotto i proiettili a Kasserine, rosso come il sangue che si è mescolato con il fuoco di quanti si sono immolati.

La bandiera del mio Paese, per coloro che pensavano fosse viola, in realtà è rossa …

Il viola è il colore del partito al governo, la Rassemblement Constitutionnel Démocratique.

Il blogger Insàane rilancia in forma poetica [ar] che riflette lo spirito delle manifestazioni in atto:

أنا سيدي بو زيد و سيدي بوزيد أنا، نتكلم نتكلم و نزيد ، البارح أنا جبان و اليوم الحق فينا بان ، اليوم حرية ، موش على كيفكم ، على كيف نفسي الهشة ، على كيف التوانسة و الجمهورية ، على كيف كل ولية بكات ، على جاليتنا إلي تنفات ، على قدرنا إلي تستخايلوه مات . في تونس ما يستحق الحياة ، و بكل حزم ، نقوموا مالردم يزيونا قهر ، يزيونا سكات !!!!
Sono Sidibouzid e Sidibouzid sono io. Può essere che ieri sia stato un codardo ma oggi chiedo giustizia e libertà. Oggi non siete più al potere e io non ho paura. Oggi è il turno della gente, della repubblica, delle madri in lacrime, degli emigranti… Siamo noi al potere. Siamo noi a controllare il nostro destino. Basta con l'oppressione, basta con il silenzio.

Per finire, Slim sottolinea l'importante ruolo svolto finora dai social e dai new media, nel diffondere fuori dal Paese quanto sta avvenendo. Scrive:

Le black-out médiatique, la désinformation et la censure continuent à montrer leurs limites. On n’a jamais été aussi bien renseigné sur ce qui se passe. Le partage viral et instantané des photos, vidéos et témoignages des manifestants sur Facebook et twitter a été intensif depuis le début du mouvement. La frontière entre le réel et le virtuel n’a jamais été aussi étroite

L'oscuramento dei media, la disinformazione e la censura continuano a mostrare i propri limiti. Non siamo mai stati così ben informati su quanto va accadendo.La condivisione istantanea e in forma virale di fotografie, video e testimonianze da parte dei manifestanti su Facebook e Twitter è stata molto intensa sin dall'inizio del movimento. Il confine fra il mondo reale e quello virtuale non è mai stato così sottile.

In Algeria:

Molti hanno rapidamente descritto le manifestazioni nelle città algerine come una propagazione delle proteste in corso in Tunisia.

Kal su Moor Next Door contraddice questa analisi [en]:

Il fatto che siano avvenuti a cosi breve distanza è probabilmente una coincidenza — gli scontri in Algeria sono il risultato delle scarse politiche e dei problemi finanziari che sono apparsi nella stessa epoca in cui sono avvenute le manifestazioni in Tunisia. In ogni caso esiste una relazione fra i due fenomeni anche perchè gli algerini si sono dichiarati solidali con ciò che avviene in Tunisia anche se ciò che sta accandendo in Algeria ha delle caratteristiche specifiche.

Il video-blogger algerino Hchicha racconta del malessere [dialetto algerino] alla base delle rivolte in Algeria e fa un parallelismo fra la situazione in Tunisia e in Algeria, un Paese che considera essere sull'orlo del collasso:

Noi algerini ne abbiamo abbastanza. A questo punto si tratta di Hogra, dignità. Nonostante la propaganda governativa secondo cui gli scontri sarebbero avvenuti solo a causa dell'aumento del prezzo del pane, l'Algeria soffre di problemi ben più seri. Problemi politici concreti. Si tratta di una crisi politica che dura da oltre 20 anni; in realtà dal 1962 (anno del referendum per l'indipendenza dalla Francia).

Si tratta di un'opinione condivisa da Nawel D. su Algeria 360°:

Les émeutes sont porteuses […] d’un message politique fort : le besoin de liberté. Besoin d’ouverture du champ politique bouclé à l’émeri à cause d’un état d’urgence qui n’a d’utilité que pour empêcher l’expression des voix qui ne rime pas avec l’unanimisme ambiant. Les quatre jours d’émeutes sont un appel à une rupture dans le mode de gouvernance. Le message est clair.

Gli scontri esprimono un importante messaggio politico: la necessità di libertà. Il bisogno che la vita politica si apra, dopo una chiusura dovuta a uno stato d'emergenza che non ha altro scopo che censurare la libertà d'espressione di chi canta fuori dal coro. I quattro giorni di scontro sono la richiesta di rottura con un certo tipo di politica. Il messaggio è chiaro.

Il blog Mots de Tête d’Algérie racconta le conseguenze degli scontri a Amizour, città nel nord del Paese. Sostiene che le proteste sono degenerate:

Des dégradations qui ont suscité l'indignation de la population qui ne comprend pas pourquoi s'en prendre à des biens de la collectivité et d'utilité publique. « On a voulu exprimer notre ras-le-bol sans commettre de dépassements », explique un jeune manifestant, « mais des éléments avec d'autres intentions, pour tout simplement voler se sont joints aux manifestants, c'est devenu incontrôlable !» regrette-t-il.

La degradazione ha provocato l'indignazione della gente che non capisce perchè alcuni manifestanti se la siano presa con le infrastrutture e i beni della comunità. “Volevamo esprimere la nostra esasperazione senza creare distruzione,” ha detto uno dei giovani manifestanti, aggiungendo “mentre altri hanno partecipato con l'intenzione di rubare, e la situazione si è fatta incontrollabile!”

Infine, secondo Kal, rimane centrale comprendere se le manifestazioni in Algeria siano il riflesso di un malessere più profondo o solo l'espressione di uno scontento momentaneo, come spiega su in un post su Moor Next Door:

Una rivoluzione è qualcosa di unico e in un certo senso deliberato. Solo con il tempo si saprà se queste rivolte riflettono qualcosa di più che un malessere temporaneo o se esiste una qualche forma di manipolazione che spinge i giovani a scendere nelle strade.

1 commento

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    […] 7 gennaio Giorgio Guzzetta postava per Global Voices in italiano sul dibattito seguito ai fatti di Sibi Bouzid (dove il giovane tunisino si era dato fuoco per protesta), in particolare riguardo alla situazione […]

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