Israele: attivisti e blogger protestano contro il deterioramento dei diritti umani

“Indovinate quale Paese ha arrestato oggi 17 attivisti per i diritti umani?”, ha chiesto il blogger ed ex giornalista di Yedioth, Gal Mor sul proprio status di Facebook [in] il 15 gennaio scorso.

Tra gli attivisti arrestati nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est, c'era il Direttore Esecutivo dell'Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI), Hagai Elad. i dimostranti partecipavano alle manifestazioni settimanali che vedono attivisti palestinesi che ebrei contro i colonizzatori ebrei che vanno trasferendosi nel quartiere cacciando le famiglie palestinesi grazie a ordini giudiziari e dichiarando che si tratta di case appartenti agli ebrei e illegamente occupate dalle famiglie locali. Li Lurian di Peace Now, che ha rilanciato questo video della manifestazione, era tra gli arrestati, così come il blogger Didi Remez [in].

Due settimane prima dell'arresto, Elad ha scritto quanto segue in una rubrica sul proprio sito Ynet [ebr]:

“A molti attivisti quest'anno è parso che la loro libertà d'espressione sia l'unica democrazia in Medio Oriente a non esser data per scontata. La repressione delle proteste non spetta alla polizia in una nazione democratica; suo compito è piuttosto quello di proteggere la libertà di parola”

L'avvocato e blogger Jonathan Klinger ha scritto [ebr] che l'arresto di Elad è contro la legge ed è un altro segnale della morte della democrazia in Israele:

“Elad è stato arrestato come punizione per aver protestato e non perchè fosse un pericolo per il pubblico. Questi ‘arresti puniztivi’ vengono deviniti illegali dalla legge e il loro obiettivo è evitare che altri protestino e scelgano di agire in base ai propri diritti democratici. Senza protesta non c'è democrazia.”

Il tribunale israeliano ha ordinato l'immediato rilascio idegli attivisti (dopo 36 ore). Tuttavia, la blogger Lisa Goldman che ha partecipato alla dimostrazione settimanale venerdì 22 gennaio, è stata arrestata di nuovo insieme ad altri 15 attivisti israeliani, secondo quanto riportato [in] da Remez (@DidiRemez). Un ulteriore resoconto personale riguardo le “ronde di Sheikh Jarrah” è disponibile in inglese sul blog di Ibn-Ezra [in].

I diritti umani, considerati da varie prospettive, sono stati l'argomento principale per i blogger e tweeps (utenti di Twitter) israeliani negli ultimi mesi, alla luce di alcune decisioni dell'attuale amministrazione percepite come una minaccia per la democrazia israeliana. L'11 dicembre 2009, l'ACRI ha iniziato una parata a specifico sostegno dei diritti umani a Tel Aviv, riunendo 116 NGO che sostengono i diritti umani da vari punti di vista e con diversi programmi.

La protesta si è concentrata su una serie di politiche che hanno raggiunto il culmine nel deterioramento dei diritti umani in Israele, come descritto dall'ACRI sul blog della evento: [ebr] disposizioni come la legge Nakba, la deportazione di lavoratori stranieri, la legge sui database biometrici (si veda il dettagliato servizio sotto), e una “generale atmosfera di crescente divario sociale, del mettere a tacere le proteste, di razzismo e violenza”. Migliaia di persone hanno partecipato alla parata (si vedano questi video-clip), tenutasi giusto il giorno successivo alla giornata internazionale dei diritti umani.

I blogger non vogliono saperne dei database biometrici

Tra tutte le attività collegate ai diritti umani svoltesi negli ultimi mesi, l'attivismo contro la legge biometrica è stata una delle maggiori campagne online viste finora in Israele, inclusa la cooperazione di 160 blogger israeliani [ebr], uno specifico blog [ebr], un acconto su Twitter, e un'impegnata pagina Facebook.

La proposta di legislazione biometrica suggerisce la creazione di un database biometrico di tutti i cittadini israeliani come parte del cambiamento che porterà a passaporti e carte d'identità biometrici. Il blogger Hani Zuveida ne spiega [ebr] i pericoli:

“La legge biometrica o meglio ancora ‘la legge grande fratello’ punta a creare un database digitale dettagliato di tutti i cittadini, che può essere facilmente alla mercé di aziende commerciali e dei loro interessi ma può anche essere vulnerabile a intrusioni per reati penali come il furto d'identità o l'inganno ai danni di cittadini innocenti. E tutto ciò per “proteggere” le carte d'identità dalla falsificazione – dalla padella alla brace. I funzionari della pubblica amministrazione sono una specie peculiare: queste sono le persone che eleggiamo per rappresentare i nostri migliori interessi come legislatori o ministri, ma improvvisamente ‘tagliano ogni legame’ e si preparano ad una vita indipendente invertendo le circostanze: invece di fare quel che diciamo loro di, hanno preso a dirci cos'è meglio per noi. Secondo me questa è una delle situazioni più pericolose per una democrazia.”

I blogger ne hanno fatto una questione personale con il ministro Meir Shitrit, che ha spinto la legge, mettendone in dubbio motivazioni e integrità. Gli importanti blogger Gal Mor ed Effi Fuks, che avevano esposto delle prove circostanziali contro le motivazioni di Shitrit e richiesto un'indagine, hanno cancellato i post originali dopo aver raggiunto un accordo con la famiglia di Shitrit ed in seguito hanno pubblicato [ebr] una scusa ufficiale e una smentita. Tuttavia, il blogger Rehavia Berman, spesso chiamato “il ragazzo cattivo della blogosfera israeliana” ha ripubblicato [ebr] la presunta accusa, suggerendo che dietro i database ci siano interessi commerciali e che esista un qualceh legame tra Shitrit e OTI, l'azienda incaricata di approntare il database.

I blogger hanno assistito spesso alle sessioni del Parlamento in cui si discuteva la legislazione biometrica, riportando la condotta di Shitrit nello spingere questa legge. Di conseguenza, Shitrit ha cercato di vietare la partecipazione dei blogger alle sedute pubbliche, come documentato in video [in] dal blogger Eran Vered. Allo stesso tempo, un altro blogger, che è anche un hacker, ha creato un sito che mostra al pubblico come il presunto database protetto del Ministero degli affari interni sia in realtà trapelato online e i dati di ogni cittadino siano disponibili a tutti (il sito è stato poi oscurato). Sul proprio blog [ebr] l'hacker ha spiegato che questa demo voleva mostrare che stessa cosa potrebbe facilmente succedere al database biometrico.

La blogger Karine Barzilai-Nahon, direttrice della Washington University iSchool, ha preparato un rapporto speciale sulle normative biometriche nel mondo presentato anche al Parlamento israeliano. Ecco cosa scrive [ebr]:

“Ad oggi, nessun Paese democratico occidentale conserva il database biometrico dei cittadini senza il loro consenso. C'è solo una nazione che tiene un database obbligatorio: Hong Kong, ma questo database è temporaneo e viene eliminato subito dopo aver emesso la carta d'identità. Inghilterra, Francia e Giappone archiviano un database volontario che non è stato reso obbligatorio per le critiche dell'opinione pubblica. Alcune nazioni stanno considerando diverse norme per la biometria, ma senza applicarle anche se legislazione venisse approvata, a causa del continuo dibattito pubblico e della paura di dare troppo potere agli organi politici. Il presidente del comitato parlamentare di scienza e tecnologia ha chiesto di non demonizzare la proposta legislativa, perchè non stanno reinventando la ruota e Israele non è diverso dalle altre nazioni, ma questo rapporto in realtà dimostra che lo è.”

Gli sforzi dei blogger e degli attivisti hanno tuttavia creato numerosi ostacoli e compromessi alla legge; i blogger chiave coinvolti nella protesta hanno riportato [ebr] che questi ostacoli servono a raffreddare ed evadere la protesta pubblica e le manipolazioni, sollecitando l'inclusione “volontaria” tramite sanzioni discriminanti non volontarie. Gli attivisti per i diritti umani hanno perso questa partita il 7 dicembre 2009, quando la legge sul database è stata approvata dal Parlamento israeliano ma, ciò nonostante, hanno manifestato contro la sua applicazione nella marcia per i diritti umani qualche giorno dopo.

Mentre testate e reporter vanno occupandosi sempre meno di tali politiche da una prospettiva critica dei diritti umani, gli attivisti hanno rilanciato online tali questioni, trovando terreno comune e unendosi a blogger e tweeps importanti per utilizzare pienamente piattaforme mediatiche alternative, nel tentativo di influenzare l'opinione pubblica e lottare per una democrazia de-facto.

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