Francia: prestigioso premio letterario comporta l'“obbligo alla riservatezza”?

In Francia l’avvio della stagione letteraria di quest’anno ha visto la scrittrice e commediografa franco-senegalese Marie NDiaye [in] vincere il Premio Goncourt [it] da tempo atteso [come prima scrittrice di colore e, più in generale, prima donna dal 1998]. Tuttavia da due anni la Ndiaye e famiglia si sono trasferiti a Berlino, soprattutto per le scelte politiche del presidente Nicolas Sarkozy. L’anno scorso, la giuria di questo prestigioso premio ha suscitato clamore selezionando come vincitore lo scrittore afgano Atiq Rahimi [in] per il suo romanzo in lingua francese Syngué Sabour [La pietra della pazienza]. La scelta di oggi sarà un’ulteriore opportunità per celebrare le differenze in una società francese in mutamento? O questo momento verrà invece rovinato dalle polemiche?

DW-World spiega [in] :

In un’intervista concessa alla rivista “Inrockuptibles” l’estate scorsa, la Ndiaye ha dichiarato come la decisione di lasciare la Francia per trasferirsi a Berlino fosse dovuta “principalmente a causa di Sarkozy”.

La polemica è cominciata quando Eric Raoult, parlamentare e membro del partito di governo UMP del presidente Sarkozy, ha presentato un’interrogazione al Ministro della cultura rispetto a tali dichiarazioni della NDiaye sul presidente, raccomandando di ricordare alla scrittrice l'“obbligo alla riservatezza” che compete ai vincitori del Premio Goncourt.

Come risposta, l’establishment culturale francese è intervenuto nel dibattito accusandolo di atteggiamenti censori. Bernard Pivot, un membro della giuria del Goncourt, ha accusato Raoult di non saper nulla della scena letteraria.

La NDiaye, nata nel 1967 da madre francese e padre senegalese, ha vinto il premio Goncourt con il romanzo “Trois femmes puissantes” (“Tre donne potenti”), la storia di tre donne che fanno la spola tra la Francia e il Senegal e sulle esperienze infernali dell’emigrazione dall’Africa.

“La storia di questi migranti è stata già raccontata molte volte, ma sarei felice di poter contribuire a farne comprendere meglio il destino,” ha spiegato la Ndiaye.

Cos’ha scatenato le ire di Eric Raoult? Niente meno che un intervista della scrittrice, quando in risposta alla domanda della rivista Les Inrocks [fr]: “Sta bene nella Francia di Sarkozy?”, ha dichiarato:

« Je trouve cette France-là monstrueuse. Le fait que nous (avec son compagnon l’écrivain Jean-Yves Cendrey, et leurs trois enfants – ndlr) ayons choisi de vivre à Berlin n’est pas étranger à ça. (…) Je trouve détestable cette atmosphère de flicage, de vulgarité… »

“Trovo questa Francia mostruosa. Il fatto che noi (la Ndiaye, il suo compagno, lo scrittore Jean-Yves Cendrey, e i loro tre figli) abbiamo deciso  di trasferirci a Berlino non è estraneo a questo motivo. (…) Trovo odiosa questa atmosfera piena di volgarità, di atteggiamenti polizieschi…”

Il noto blogger e avvocato Maître Eolas [fr] demolisce l’affermazione di Eric Raoult in un post ironico e ben argomentato, assegnandogli alla fine il “Premio Busiris” (“buse” può essere tradotto con “zuccone”).

Innanzitutto corregge un errore grammaticale:

Tout d’abord, et le ministre de la culture et de la communication aura rectifié de lui-même, le devoir de réserve ne peut en tout état de cause être dû aux lauréats mais dû par les lauréats : cette erreur de préposition fait du lauréat le créancier alors que dans l’esprit la tête du député, il en serait évidemment le débiteur.

Tanto per cominciare, e il Ministro della Cultura e della Comunicazione l'avrà già corretto da sé, l’obbligo di riservatezza non è dovuto ai vincitori del premio, ma piuttosto dovuto da vincitori del premio: questa preposizione sbagliata fa del vincitore un creditore mentre nello spirito nella testa del deputato diventa invece un debitore.

E dal punto di vista giuridico? Tra i testi citati, il blogger richiama naturalmente la Dichiarazione dei Diritti Umani e del Cittadino del 1789 [it] insieme alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti Umani [it]. E l’”obbligo di riservatezza” viene tradizionalmente richiesto ai servitori dello Stato?

Le devoir de réserve est souvent invoqué à tort et à travers par des gens qui n’y ont rien compris comme interdisant à un fonctionnaire de s’exprimer, y compris parfois sur des affaires purement privées.

L’obbligo di riservatezza è spesso invocato a vanvera da persone che non capendone nulla lo utilizzano per proibire a funzionari dello Stato di esprimersi, a volte persino su affari puramente privati.

L’avvocato conclude la sua argomentazione sulla disonestà del deputato, prima di assestargli il colpo di grazia:

Ajoutons à cela qu’en 2005, en tant que maire du Raincy, lors des émeutes de l’automne, il fut le premier à proclamer l’état d’urgence dans sa commune pourtant épargnée par les actes de violence afin de griller la politesse au premier ministre, ce qui montre une certaine tendance à la gesticulation inutile pour attirer l’attention sur lui.

Ce qui établit en même temps le mobile d’opportunité politique, et emporte la décision.

Aggiungiamo a tutto questo il fatto che nel 2005, quand’era sindaco di Le Raincy, durante le rivolte autunnali nelle banlieues, [Raoult] fu il primo a proclamare lo stato d’emergenza nel suo comune, sebbene risparmiato dalle violenze, pur di anticipare il primo ministro, il che dimostra una certa tendenza ad agitarsi inutilmente pur di attirare l’attenzione su di sé.
Ciò chiarisce al contempo il movente dell’opportunismo politico, e ne spiega la decisione.

Altri blogger hanno usato toni altrettanto aspri.

Su Art contemporain, la peau de l'ours, Philippe Rillon scrive [fr]:

Nous comprenons fort bien que le devoir de réserve s’impose à tout serviteur de l’Etat; mais depuis quand la littérature et les auteurs sont ils assimilés aux fonctionnaires avec leurs droits et devoirs?

Nous avions déjà une “Culture administrée”, nous voici maintenant “artistes fonctionnaires” comme si Paris était Berlin-est d’avant la chute du mur…

(…)

Il serait quand même étonnant qu’au lendemain d’une hyper-médiatique commémoration de la chute du mur, ce godillot vienne gâcher le spectacle idylique des dominos qui tombent.

Comprendiamo bene l’obbligo di riservatezza come regola da imporre a tutti i servitori dello Stato; ma da quand'è che la letteratura e gli scrittori sono assimilati ai funzionari pubblici con gli stessi diritti e doveri?

Abbiamo già avuto una “Cultura amministrata”, eccoci ora agli “artisti di Stato” come se Parigi fosse la Berlino Est prima della caduta del muro…

(…)

Non sarebbe stupefacente se all’indomani dell’ipermediatica commemorazione della caduta del muro questo suo convinto sostenitore rovinasse la visione idilliaca del domino in rovina?

Nel frattempo Marie Ndiaye, dopo un tentativo di smorzare i toni in un’intervista a Radio Europe 1 [fr], che nel trambusto è passata inosservata, ha fatto appello al Ministro francese della Cultura Frédéric Mitterand. Quest’ultimo giudica [fr] la polemica “banale” e “ridicola”, e i protagonisti [fr] continuano a restare fermi sulle rispettive posizioni [fr].

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