Timor Est: a dieci anni dall'indipendenza, ancora nessuna giustizia per il Massacro di Suai

Dieci anni fa, il 6 settembre 1999 – due giorni dopo l'annuncio del risultato del referendum – la città di Suai, nel sudovest di Timor Est, soffrì le conseguenze del risultato, per l'80% favorevole al ukun rasik-an: l'indipendenza, l'autodeterminazione. Il massacro della Chiesa di Suai [in] costò la vita a tre preti e a dozzine – probabilmente centinaia – di persone che avevano cercato rifugio nella chiesa locale, in maggioranza donne e bambini.

Questo atroce episodio è noto come il Settembre Nero di Timor Est. Secondo questo documentario [in], la violenza fu tale che la Laksaur [in] (una milizia filoindonesiana) non impiegò armi da fuoco, preferendo massacrare le vittime a colpi di machete, per risparmiare preziosi proiettili.

La Chiesa di Suai. Foto di J. Orosco, pubblicata su Flickr da Patfranca

La Chiesa di Suai. Foto di J. Orosco, pubblicata su Flickr da Patfranca

Nel Paese la campagna di terrore era stata avviata diversi mesi prima della consultazione popolare [in] da una milizia filoindonesiana chiamata Besih Merah Putih [in] (Ferro bianco rosso, i colori della bandiera indonesiana). Pur puntando a impedire le operazioni elettorali, il 90% degli elettori andò a votare e i risultati dimostrarono che un'ampia maggioranza della popolazione voleva la libertà. Recentemente Mari Alkatiri, capo dell'opposizione, ha insinuato la presenza di brogli, a cui l'ex ambasciatore portoghese a Jakarta, Ana Gomes (@anargomes [por]) ha replicato così su Twitter:

12:54 AM Sep 1st: Alkatiri disse LUSA resultados referendo seriam 90/cento, mas ONUalterara-os para salvar face a Indonesia. Mas 80/cento salvam face?

Alkatiri ha dichiarato alla LUSA che i favorevoli al referendum, in realtà, sarebbero stati il 90%, ma le Nazioni Unite avrebbero alterato i dati per salvare la faccia all'Indonesia. Perchè, l'80% sarebbe un risultato per “salvare la faccia”?

Nel 1999, gli est-timoresi sapevano che qualcuno sarebbe dovuto morire affinchè Timor Est fosse dichiarata indipendente. Tuttavia nessuno poteva immaginare che si sarebbero verificati crimini contro l'umanità [in] così violenti come quelli accaduti a Suai. Nonostante le violenze, il trauma e le devastazioni, durante le commemorazioni per il decimo anniversario del referendum, il Presidente Ramos Horta ha invocato il perdono, in quella che Amnesty International [in] descrive come “cultura dell'impunità”, inviatndo la Corte Penale Internazionale a prendere in esame “le violazioni dei diritti umani a Timor Est“ [in].

Timor Est, Suai 2000. Foto di Rusty Stewart pubblicata su Flickr

Timor Est, Suai 2000. Foto di Rusty Stewart pubblicata su Flickr.

Nel frattempo, l'ex comandante della milizia Laksaur [in], Martenus Bere, che si crede [in] abbia guidato l'assalto alla chiesa nella città di Suai nel settembre 1999, è uscito di prigione. The Dili Insider [in] traduce l'articolo [ind] dall'indonesiano all'inglese:

Proprio mentre si svolgeva la cerimonia per l'anniversario, le autorità di Dili hanno rilasciato un cittadino indonesiano accusato di aver condotto uno dei peggiori massacri avvenuti a Timor Est nel 1999. Martenus Bere [in] è stato trasferito dal maggior carcere di Dili e consegnato alle autorità indonesiane. Bere, che comandava una violenta milizia filo-indonesiana, responsabile di aver instaurato il regno di terrore, comandò l'assalto a una chiesa nella città di Suai nel corso del quale vennero uccisi tre preti e dozzine di persone. Le autorità carcerarie hanno affermato che Bere sarebbe stato rilasciato su ordine del Primo Ministro Xanana Gusmao. L'uomo era stato accusato nel 2003 di crimini contro l'umanità dalla Serious Crime Unit delle Nazioni Unite. Le autorità indonesiane hanno esercitato pressioni su Timor Est perchè rilasciassero Bere dopo il suo arresto di due settimane fa, per aver tentato di attraversare il confine verso Timor occidentale, che appartiene all'Indonesiana.

Un gruppo sempre più ampio di netizen contrari al rilascio di Martenus Bere ha divulgato la notizia, dando vita a molte discussioni e alla nascita di diversi gruppi su Facebook (come Don't let Martenus Bere Escape Justice [in] e Justice NOW for East Timor [in]).

Sempre nel giorno del decimo anniversario, una manifestazione [in] pacifica a Dili è culminata con un'ulteriore attacco alla giustizia e alla democrazia. Ana Gomes [in] è stata la prima a parlarne su Twitter, e poi ha riportato la notizia sul blog Causa Nossa [por]:

12:39 AM Sep 1st: [por] Pedro conta 3 estudantes foram presos véspera em manif sobre Justiça. Arrancamos p/ Policia Dili

Pedro ci ha detto che durante la manifestazione sulla giustizia sono stati arrestati tre studenti. Ci dirigiamo verso la Stazione di Polizia di Dili.

12:41 AM Sep 1st: [por] Esquadra Policia Dili, dia 31/8 – confirmam-nos presos. Razões suharto/salazarentas: manif ilegal.

Il 31 agosto la Polizia di Dili ha confermato gli arresti.  Una motivazione che fa ripensare a Suharto e Salazar: manifestazione non autorizzata.

12:45 AM Sep 1st: [por] Telefonema a Vice PM, velho amigo Lugo: “Sabes dos presos?”. Nao sabia. 10 minutos depois: “Vao já ser soltos”. Excesso zelo policial.

Telefonata al vice PM, il vecchio amico Lugo: “Conosci i prigionieri?” Non li conosceva. Dieci minuti dopo: “Sono già stati rilasciati”. Eccesso di zelo della polizia.

12:47 AM Sep 1st: [por] Conclusao: Policia timorense precisa muito aprender democracia.

Conclusione: la polizia timorese ha ancora molto da imparare sulla democrazia.

Disilluso dalla politica e dalle scelte di Governo a Timor Est, Loro Foho rflette sulle implicazioni future che una simile azione antidemocratica potrebbe avere, specialmente sulla popolazione più giovane. In un post [por] apparso sul blog Timor Lorosae Nação scrive:

Liberdade para os criminosos, repressão para o Povo, é o lema que nos parece estar a ser seguido pelos governantes.

A libertação de Martenes Bere, que liderou crimes contra timorenses, a punição de estudantes que pacifica e justamente (felizmente já libertados) pediam o fim da impunidade reinante em Timor-Leste, a política insana da AMP persistindo em duvidar da nossa clareza de análise, levam-nos a manter o sentimento de que urgente se torna reconquistar os valores que fizeram de nós Gente Respeitável. (…)

A realidade Mundial que muitos ainda não perceberam, flui na direcção da Justiça, da Verdade, do Desenvolvimento e Integridade dos Povos. Sabemos que a nossa luta flui na direcção certa, e é comum à luta de qualquer povo que se sinta injustiçado e descriminado. Fomos afastados e perseguidos, mas isso já é para nós a força da nossa da razão.

É previsível que os grandes senhores das cadeiras do poder dominante se irão gloriar futuramente de nos terem transformado num povo desprezível, cujos filhos irão cultuar o roubo, a mentira, a repressão… não nos bastando a cultura deixada no tempo das milícias desumanas e cruéis, eis os exemplos de uma política que facilita a impunidade a quem matou e destruiu massivamente, e que nos rouba a dignidade da justiça.

Libertà per i criminali, repressione per la gente: sembra questo il motto che vuole seguire il Governo. Il rilascio di Martene Bere, che si è macchiato di crimini contro i timoresi, e la punizione per gli studenti (fortunatamente già rilasciati), che invocavano pacificamente e giustamente la fine dell'impunità a Timor Est, la folle politica dell'AMP (Alleanza di Maggioranza Parlamentare), che insiste nel gettare ombre sulla nostra capacità di produrre analisi indipendenti, tutto questo ci suggerisce la necessità di recuperare quei valori che ci hanno reso persone rispettabili (…).

La realtà globale di cui ancora molti non si sono resi conto porta alla giustizia, alla libertà, all'integrità, e allo sviluppo. Sappiamo che la nostra battaglia ci porta nella direzione giusta, e che è una lotta analoga a tutte quelle condotte da ogni popolo che si sia mai sentito vittima di torti o discriminazioni. Siamo stati emarginati e perseguitati, ma è ciò che dà la forza alla nostra posizione.

Ci aspettiamo che i gran signori che occupano i posti di comando si glorieranno in futuro di averci reso persone deprecabili, i cui figli adorano il ladrocinio, la menzogna, la repressione… come se la cultura lasciataci in eredità dalle milizie crudeli e disumane non fosse abbastanza, oggi abbiamo esempi di una politica che assicura l'impunità a quanti hanno ucciso e devastato su ampia scala, e che ci depriva della dignità della giustizia.

Questa serie di eventi rappresenta un pericolo per la prima democrazia del nuovo millennio, e dimostra ancora una volta la necessità di creare opportunità per la vera autodeterminazione del popolo timorese, che deve poter piangere i suoi morti, prima che si arrivi alla giustizia e alla riconciliazione [in]. Ivete de Oliveira racconta la tragica storia del padre, Manuel Magalhaes [in], già leader del Congresso Nazionale per la Ricostruzione di Timor Est per il Distretto di Bobonaro durante l'occupazione indonesiana. Venne ucciso il 9 settembre 1999, vicino a una laguna nei pressi di Maliana:

(…) Ha combattuto col cuore, e non ha mai potuto sperimentare in cosa consistesse l'indipendenza. È troppo chiedere giustizia?

Fino a oggi mi sono sempre chiesta come sia stato ucciso mio padre. Non abbiamo mai trovato il corpo, che fu fatto a pezzi e gettato in mare.

Qualche anno fa, la Serious Crime Unit raccolse alcune prove dalla nostra famiglia, vale a dire ciò che rimaneva dei vestiti indossati da mio padre il giorno in cui venne ucciso. Da allora non abbiamo avuto alcuna notizia sullo sviluppo nelle indagini.

Certo, si tratta della singola storia di una sola persona, e non credo certo di poter parlare a nome di tutti, ma sono convinta che le vittime vorrebbero che giustizia sia fatta, prima di poter andare avanti. Non dovremmo dimenticare il passato, perchè è il passato che ci ha portati qui, dove ci troviamo oggi.

Una petizione online [in] implora “le istituzioni delle Nazioni Unite a intraprendere ogni azione necessaria per istituire un tribunale internazionale che porti i responsabili delle gravi violazioni del diritto internazionale a Timor Est a rispondere alla giustizia, e senza ulteriore indugio”. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha già reagito [in] inviando una lettera aperta al Presidente della Repubblica Democratica di Timor Est.

A mosaic of rocks written and painted by residents in Port Phillip to send condolences for the people of Suai. From suaimediaspace.ning.com

Un mosaico di pietre con scritte e dipinti degli abitanti di Port Phillip per esprimere le condoglianze alla gente di Suai. Da suaimediaspace.ning.com

Un post [in] apparso su Global Voices, e contenente un'intervista con Jen Hughes di Suai Media Space mette in risalto un video-documentario con la ricostruzione del genocidio nella Chiesa di Suai. Questo articolo è l'ultimo di una serie che commemora il decimo anniversario della consultazione popolare di Timor Est che portò all'indipendenza, riconosciuta a livello internazionale. Nel primo articolo [in] parlavamo del sostegno espresso dalla comunità internazionale in favore dell'indipendenza di Timor Est. Nel secondo [in], abbiamo intervistato Abe Barreto Soares, uno degli organizzatori degli eventi di solidarietà svoltisi a Timor nell'agosto e nel settembre 2009. Il terzo [in] rilanciava le iniziative dei blogger timoresi, e si interrogava sulle condizioni odierne del Paese facendo un confronto con il passato. Nel quarto [in] abbiamo ampliato il dibattito sulla proposta di legge su terreni, e tra le altre cose sulle relative implicazioni riguardo le proprietà demaniali.

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