Kenya: proteste e retroscena del confronto tra media e governo

Nel corso dei festeggiamenti per il 45° anniversario dell’indipendenza del Kenya, il 12 dicembre scorso, i media hanno ingaggiato un confronto con il governo manifestando nelle strade contro il Kenya Communication Amendment Bill [in] – un disegno di legge che, se approvato, darà al parlamento ampi poteri per regolamentare i mezzi di comunicazione elettronici in termini di contenuti. Benché analoghe disposizioni siano in vigore in altri Paesi, i media kenioti hanno manifestato aperto dissenso e il governo li ha accusati di seguire gli interessi capitalistici invece di utilizzare i tradizionali canali consultivi.

Per giorni sono volate accuse e controaccuse, e i blog keniani hanno espresso posizioni alternative che non hanno trovato adeguata risonanza nei media tradizionali.

Dimostranti in Kenia
Attivisti arrestati nella stazione di polizia di Langata, a Nairobi, in occasione del Kenyan Independence Day 2008 perché indossavano magliette con scritte a difesa della libertà di stampa e con inviti ai parlamentari a pagare le tasse. (Foto di mentalacrobatics)

Sukuma Kenya ha raccontato [in] l’arresto di giornalisti e manifestanti che hanno preso parte alle proteste o che sono rimasti coinvolti nel caos del momento:

Caroline Mutoko di Kiss FM [in] e Mwalimu Mati di Mars Group Kenya [in] sono fra le persone arrestate al Nyayo National Stadium stamattina. Entrambe sono state portate alla stazione di polizia di Langata. Altri 60 kenioti sono stati riuniti e fatti salire nei veicoli della polizia e pare che verranno ripartiti nelle diverse stazioni di polizia della città.

I 62 fanno parte di un gruppo più ampio di persone convenute al Nyayo National Stadium per festeggiare il Jamhuri Day [giorno dell’indipendenza], che hanno usato l'evento per rilanciare pubblicamente ai nostri leader le rimostranze della popolazione keniota.

Tutti indossavano magliette nere con la scritta “No Tax for MPs, No Tax for Us” [in] [niente tasse per i parlamentari, niente tasse per noi], slogan che rispecchia parte della campagna in corso, che vede la partecipazione della gente e degli studenti universitari, per protestare contro il rifiuto dei parlamentari a pagare le tasse.

Citando lo stesso Sukuma Kenya, Kenyan Pundit ha poi pubblicato diversi aggiornamenti [in] sugli arresti eseguiti nel corso della manifestazione, incluso quanto segue:

Quattro colleghi di Garissa sono tuttora detenuti semplicemente per aver cercato di presentare un comunicato al Provincial Commissioner [Presidente della Provincia].

Kumekucha ritiene [in] che i parlamentari vogliano “dare una lezione” ai media che ne hanno smascherato la decisione di votare contro una mozione che ne chiedeva la tassazione:

Il decimo Parlamento ha servito ai media una vendetta agrodolce marinata nel disegno di legge Kenya Communication (Amendment) Bill. E i media locali dovevano aspettarselo, dopo i pepati commenti sull’ingordigia e l'opposizione dei parlamentari a vedersi imporre ritenute fiscali sui loro stipendi. Benvenuti nel mondo della politica e della filosofia di vita keniane, dove il bene della nazione si ferma davanti agli interessi personali.

The-xposer si chiede [in] come mai il disegno di legge sia stato presentato in tutta fretta in Parlamento prima del termine delle consultazioni:

Ora è chiaro perché i legislatori kenioti si sono precipitati a far passare il disegno di Legge sulle Comunicazioni senza adeguate valutazioni… Se la vendetta diventasse il codice operativo di questa nazione, cosa ne sarà della moralità? Quanti disegni di legge sono passati in base a tali vendette???

Kenyan Entrepreneur considera [in] l'attuale problema il sintomo di una leadership debole all'interno del governo di coalizione salito al potere dopo le violenze post-elettorali di quest'anno:

Ho già detto che Kibaki dovrebbe governare come un dittatore ma ciò non significa limitare la libertà di stampa su cui oggi il Paese fa affidamento. Intendevo dire che dovrebbe imporre i cambiamenti fondamentali di cui il Paese ha bisogno (senza cercare un’intesa parlamentare), quei cambiamenti che incidono POSITIVAMENTE sul Paese nel lungo termine. Interventi come obbligare il KRA [l’ente statale preposto alla raccolta delle entrate tributarie in Kenya] a imporre prelievi fiscali agli stipendi dei parlamentari sfidandoli a prendere posizioni contro tale iniziativa, o arrestare chi usa le strade come un vespasiano, chi sputa o vi butta rifiuti, ecc. … Sì, certo, sarebbe un approccio dittatoriale ma alla lunga si rivelerebbe benefico per il Paese. È il modello Lee Kuan Yew [it]: imposto, positivo, riformatore.

Kumekucha mette a fuoco [in] le reali finalità del disegno di legge:

Legalizzare le incursioni della polizia nelle sedi dei mezzi di informazione equivale a far crescere il seme dell’incesto politico, con il governo che finge di vigilare su sé stesso in parlamento. I politici hanno ben considerato i propri interessi e ora siedono su una poltrona irta di spine. L’autoregolamentazione con giudici indipendenti è la buona prassi adottata in tutto il mondo per responsabilizzare i media, ma non in Kenya.

Il cap. Collins Wanderi Munyiri su Kenya Imagine accusa i media [in] di non aver intrapreso le iniziative necessarie:

Ma i media sono davvero senza colpe? Hanno esultato quando, nel settembre 2007, Mutahi Kagwe, all’epoca ministro dell’Informazione e delle Telecomunicazioni, ritirò lo stesso disegno di legge presentato in parlamento, giustificandolo con l’esigenza di ulteriori consultazioni e la necessità di inserire clausole specifiche sulla criminalità informatica e altre a tutela delle comunicazioni a fibre ottiche. Il mio commento a questo disegno di legge è stato pubblicato dal Business Daily del 4 settembre 2007. Invece di sfruttare il momento come occasione per evidenziare le proprie debolezze e fare pressione per la rimozione delle clausole inopportune, i media si sono concentrati sugli aspetti politici collaterali.

Nel corso degli anni i giornalisti dell’Africa Orientale non sono riusciti a stabilire un meccanismo di autoregolamentazione. I risultati sono stati catastrofici. In Kenya, dei giornalisti indomiti hanno elevato i politici al livello di semi-dei con una copertura mediatica tendenziosa. Effettivamente la politica occupa gran parte dello spazio editoriale nei media elettronici e nella carta stampata. I miei amici giornalisti ammettono apertamente che i politici influenti hanno sempre avuto la stampa ai loro piedi grazie alle generose mance (leggasi bustarelle) elargite ai reporter che pubblicano articoli favorevoli. Perché sorprendersi dunque se tutti gli editori dell’Africa Orientale ignorano regolarmente imprenditori e aziende che li sostengono con la pubblicità?

Il post prosegue accusando i media di alimentare le attuali messe in scena dei parlamentari:

È l'importanza accordata ai politici dai media dell'Africa Orientale che ne ha nutrito la smisurata arroganza, inducendoli a pensare di essere invincibili. I parlamentari, che spesso pagano i reporter, ritengono di poterli calpestare a piacimento e come loro tutti gli altri. So che i politici pagano i giornalisti in cambio di articoli favorevoli e ho i nomi di diversi reporter dei mezzi di informazione in tutto il Kenya; alcuni non lo nascondono nemmeno, anzi se ne vantano.

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