Arabia: il sedicenne saudita che adesso combatte in Siria

Da quando la guerra civile è scoppiata in Siria, due anni e mezzo fa, vari gruppi jihadisti hanno tentato di convincere giovani ragazzi ad arruolarsi. Durante questo periodo, la diffusione continua di filmati di massacri ha funzionato da strumento di mobilitazione per migliaia di simpatizzanti ultraconservatori che si sono arruolati; l'Arabia Saudita è stato una delle maggiori risorse di combattenti jihadisti.

Moath, after arriving to Syria. via @twit_rima

Moath, dopo l'arrivo in Siria. Foto su  @twit_rima

La settimana scorsa una storia in particolare è stata al centro dell'attenzione nella “twitter-sfera” saudita, quando il sedicenne Moath al-Hamili [ar, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] è giunto in Siria per entrare a far parte di uno di questi gruppi. Moath è il figlio di Reema al-Jourish, già conosciuta per il suo ruolo attivo nell'opporsi all'incarcerazione arbitraria del marito Abdullah al-Hamili, che è in prigione da dieci anni senza essere stato processato. Nonostante un giudice ne abbia ordinato la scarcerazione, Abdullah al-Hamili è rimasto in carcere. Lo scorso febbraio, al-Jourish è stata una delle donne a partecipare ad una protesta molto pubblicizzata [it], prima di essere stata arrestata ed incarcerata con tutte le altre per settimane. La casa della sua famiglia era sotto assedio, ed ai suoi figli è stato proibito di contattare chiunque. Quando ha richiesto che sua madre fosse rilasciata, anche Moath è stato arrestato.

Mercoledì al-Jourish ha pubblicato su Twitter:

@twit_rima: “Grazie, Allah, per la tua benedizione. Mio figlio Moath è arrivato in Siria. Prego Allah perché gli dia forza.”

Ed ha aggiunto:

@twit_rima: “Mio figlio ha avuto dei problemi qui [in Arabia Saudita] per aver aiutato i prigionieri. Non ho voluto permettere che fosse catturato facilmente dai tiranni. La terra della dignità e della gloria è più clemente per lui.”

Il giornale al-Hayat ha pubblicato un breve articolo su di lei in cui ha scritto:

وقالت: «اتصلت بي مندوبة من وزارة الداخلية اسمها أم محمد، كانت تحذرني من ابني معاذ».

lei ha detto: ” Una rappresentante del Ministero degli Interni, il cui nome era Um Mohammad. ” mi ha messo in guardia da mio figlio Moath. “

Al-Jourish ha risposto alla storia scrivendo su Twitter:

جريدة الحياة رتبو الكلام على مايريدون وليعلم الصحفي اني سجلت الاتصال اولا مندوبة الداخليه لم تحذرني من .. ابني بل هددتني به وقالت سوف يكون بجانب والده بسجن وهددتني بإبنتي ماريه ذات ١٣ عام وقالت سوف تخسرين ابنائك..ايضا اخبرت ان ذهاب ابني لسوريا احب الي من سجون المباحث لانه راى اثار التعذيب وسمع من والده ماحصل له داخل السجون…فلا اريد ان تتكرر مأسات والده من جديد يذهب الى ارض العزة ويستنشق هواء الحريه احب الي من سجون المباحث وتعذيب..ايضالم تذكر الصحيفه ان المباحث تضايقني وتحاول جاهده ان تمارس علي صنوف التعذيب النفسي ولم تذكران زوجي صدر بحقه افراج [1][2][3][4][5]

Hanno riportato la mia dichiarazione sul giornale al-Hayat come volevano loro. Voglio far sapere al giornalista che ho registrato la conversazione telefonica. Innanzitutto, la rappresentante [del Ministero] degli Interni non mi ha avvisato riguardo mio figlio, ma piuttosto minacciato. Mi ha detto che sarebbe stato messo in prigione insieme a suo padre. Mi ha anche minacciato menzionando mia figlia. Mi ha detto che li avrei persi entrambi. Io le ho anche detto che preferisco che mio figlio sia in Siria, piuttosto che imprigionato dalla polizia segreta. Lui è stato testimone degli effetti della tortura ed ha saputo da suo padre quello che lui aveva subìto in prigione. Non voglio che si ripeta la tragedia del padre. Preferisco che si trovi nella terra della dignità a respirare libertà, piuttosto che essere torturato in prigione dalla polizia segreta. Inoltre il giornale non ha menzionato che la polizia segreta, oltretutto, mi perseguita e cerca di torturarmi psicologicamente, e nemmeno che mio marito ha ricevuto un ordine di rilascio.

Nella “twitter-sfera” le reazioni sono state miste. I simpatizzanti dei jihadisti erano entusiasti della notizia e hanno colto l'occasione per incoraggiare più giovani a prendere parte alla battaglia. Molta gente, invece, ha accusato la madre di essere irresponsabile e di mettere in pericolo la vita del figlio. L'utente Nada A ha scritto:

Peggio di una madre che manda suo figlio a morire nella cosiddetta jihad, ci sono solo quelli che ne applaudono il gesto. Dove andremo a finire?! 

Molti di coloro che precedentemente avevano partecipato in azioni politiche pacifiche si sono trasformati in questi gruppi violenti e ultraconservatori, dopo essere stati arrestati e condannati all'incarcerazione. Mohammad al-Qahtan, membro della ACPRA (l'orgogliosa Associazione Saudita per i Diritti Civili e Politici) e attualmente incarcerato, ha persino affermato che il Ministero degli Interni incoraggia i prigionieri ad andare a combattere in Siria: 

@MFQahtani: Un nuovo scandalo per il Ministero degli Interni saudita: hanno offerto il rilascio di alcuni giovani prigionieri arrestati per aver manifestato, a patto che acconsentissero ad andare a combattere in Siria.

Inoltre Abdullah al-Hamid, membro della ACPRA, ha anche denunciato simili scorrettezze da parte di giudici: 

@Abubelal_1951: la madre di Mohammad al-Talaq, ucciso in Siria, ha scritto nella sua lettera al re: ” Il giudice al-Husni ha rimproverato mio figlio e altri diciannove manifestanti che come lui avevano protestato, e li ha esortati a combattere gli sciiti là [in Siria]!

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