Sudan: sopravvivere senza le ONG

Il 4 marzo la Corte Penale Internazionale (ICC) ha emesso un mandato d’arresto nei confronti del Presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir [in]. Per tutta risposta, il giorno successivo 13 ONG (Organizzazioni Non Governative) sono state bandite dal Paese e nel corso della settimana sono diventate 16. Il risultato è che molti progetti si sono fermati come, ad esempio, quelli che fornivano acqua potabile, che distribuivano generi alimentari e che offrivano programmi di istruzione e di assistenza sanitaria.

Di conseguenza, molti sudanesi sono stati costretti a lasciare il Paese cercando rifugio all'estero. Victor Angelo [pt] si è recato nel campo profughi di Goz Beida, circa 200 km a sud di Abeche, nel Ciad, e da lì ha inviato foto e notizie sugli attacchi da parte dei Janjaweed, gli “uomini a cavallo”, esercito presumibilmente assoldato dal governo sudanese.

Sudanese

Ouvir atentamente. Refugiado sudanês com quem me encontrei hoje em Goz Beida, 200 quilómetros a Sudeste de Abeche, durante a visita que Bernard Kouchner, Alain Le Roy e eu fizemos ‘a localidade

Un rifugiato sudanese ascolta attentamente il comunicato durante la mia visita a Goz Beida insieme a Bernard Kouchner e Alain Le Roy.

Sudanesi

As consequências da expulsão de 13 ONGs do Sudão sobre os parentes destes homens foi um dos temas que mais preocupou a assembleia. Que vai acontecer aos familiares que ainda se encontram no Darfur e que dependiam das ONGs humanitárias no que respeita a necessidades básicas, como água, alimentação , saúde e escolas?

Le ripercussioni sui familiari e i parenti di questi uomini, dopo l'espulsione delle 13 ONG dal Sudan, è l’argomento che preoccupa maggiormente. Cosa ne sarà dei loro cari che si trovano ancora in Darfur e che dipendono interamente dagli aiuti umanitari delle ONG per le necessità primarie quali acqua, cibo, cure sanitarie e istruzione?

Sudanesi

A sina do Presidente Al-Bashir atraiu as atenções de todos. Os refugiados apoiam freneticamente a decisão do Tribunal Penal Internacional.

Il destino del presidente Al-Bashir attira l’attenzione generale. I rifugiati sono nettamente a favore della decisione della Corte Penale Internazionale.

Sudanesi

Vítima de ataque dos cavaleiros Jenjawid, aliados armados e organizados sob a forma de milícias, do Presidente do Sudão. Certos Jenjawid, palavra local que inicialmente queria dizer “homem a cavalo”, tornaram-se os principais actores dos crimes de guerra.

Una vittima degli attacchi dei Janjaweed [it], miliziani organizzati e alleati del Presidente sudanese. Pare che siano i Janjaweed, termine locale che originariamente significava “uomini a cavallo”, i maggiori esecutori dei crimini di guerra.

I residenti nella regione di Abeche sono stati curati dal personale di Medici Senza Frontiere [in]. Malgrado sia una ONG conosciuta, MSF è fra quelle bandite dal Sudan. Fra tutti i progetti avviati, il campo profughi è forse il luogo dove il loro intervento è stato maggiormente utile ed efficace. A Kalma, nella regione a sud di Darfur, i 6 kmq. del campo ospitano 100.000 persone che vivono in “case” fatte di legno, plastica e qualsiasi altro materiale che possa essere utilizzato per proteggersi dalle temperature elevate del giorno e dal freddo della notte.

Nel campo sfollati di Kalma, MSF gestiva un centro ambulatoriale, una sezione per la salute materno-infantile e un’altra che forniva assistenza alla popolazione circostante. Il personale medico visitava 200-300 pazienti al giorno nell’ambulatorio (7 giorni su 7) e 200 in quello per le donne. La squadra era composta da stranieri e sudanesi, ora c'è solo il personale sudanese. Tuttavia Lydia Geirsdottir, ex supervisore del campo, sostiene che lo staff medico rimasto “ha solo due persone in grado di fornire cure mediche di base e le scorte finiscono in fretta”. Cíntia Rojo [pt], che ha letto la notizia sul sito della ONG, commenta:

“Darfur concentra a crise humanitária de maior proporção na atualidade. Ou seja, um lugar onde vida e morte são separadas por uma tênue divisa. Desnutrição, doenças, violência. Os conflitos em Darfur se tornaram quase que crônicos e, como tudo que se prolonga, acabou caindo no “esquecimento” da comunidade internacional. A saída dessas ONG´s acarretou consequências graves para a população sudanesa pois grande parte dos projetos sociais vigentes na região eram patrocinados por essas entidades.

Nel Darfur è in corso la maggiore crisi umanitaria dei nostri tempi. In altre parole, è un luogo dove la linea di demarcazione tra vita e morte è sottilissima. Malnutrizione, malattie, violenza. Il conflitto nel Paese è diventato una condizione cronica e come sempre, quando una cosa dura troppo a lungo, passa in secondo piano e viene dimenticata dalla comunità internazionale. L’espulsione delle ONG dal Sudan ha avuto gravi ripercussioni sulla popolazione poiché queste organizzazioni finanziavano e sostenevano i principali progetti sociali della regione”.

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La situazione nel Darfur il 5 marzo scorso. La cartina a lato offre un’istantanea sulla popolazione in Darfur che sconterà l’allontanamento delle ONG: una popolazione di 4.7 milioni è il bacino di utenza coperto dalle ONG e queste sono le 13 espulse: Action Contre la Faim, Solidarité, Save the Children (UK e USA), Medici Senza Frontiere (Olanda e Francia), CARE International, Oxfam, Mercy Crops, International Rescue Committee, the Norwegian Refugee Council, CHF e PADCO. Materiale distribuito da ReliefWeb [in]. Per ingrandire la cartina cliccare sull’immagine.

Save the Children [in] è presente in Sudan da oltre 20 anni e negli ultimi 6 ha assistito i profughi di guerra in Darfur e nel territorio meridionale del Kordofan, una regione che nel 2008 ha visto tornare oltre 50.000 rifugiati fra adulti e bambini, dove l’agenzia aveva installato anche un’unità di pronto soccorso. Charles MacCormack [in], Presidente di Save the Children, dice che questo allontanamento “pone una grande minaccia alla sopravvivenza di oltre 1 milione di bambini e di famiglie che dipendevano interamente dagli aiuti dell'agenzia che operava anche nel Darfur Occidentale, nel Nord e Sud Kordofan, negli Stati che si affacciano sul Mar Rosso, nelle comunità di Abyei e nei pressi di Kharthoum”.

Fra i vari progetti, Save the Children si occupava della distribuzione di generi alimentari (3.583 tonnellate di cibo in 44 località), acqua potabile e sanificazione (448 punti d'acqua e 177 motopompe che riforniscono circa 201.500 persone), assistenza sanitaria di base e agricoltura, oltre ad offrire corsi di formazione in edilizia e istruzione.

Rifugiati sudanesi

(Rifugiati sudanesi – foto di V. Ângelo) [pt]

Anche CARE [in] che operava sul territorio sudanese da 28 anni, è stata espulsa, si dice che abbia interrotto ogni attività e che parte dell'equipaggiamento sia stato sequestrato dal governo sudanese, inclusi computer, automobili e case. CARE si occupava di agricoltura, risorse idriche, sanificazione di base, istruzione e cure sanitarie. Il Consiglio Norvegese per i Rifugiati [in] segnala che il governo non solo ha sequestrato l'equipaggiamento ma ha arrestato anche il personale che ha subìto perfino delle aggressioni. OXFAM [in] era in Sudan da 26 anni e operava a stretto contatto con 600.000 sudanesi, ma è stata obbligata a lasciare il Paese e ora spera di potervi tornare.

L’atmosfera a Darfur è tesa, spiega AK nel blog Forsudan [in]:

“La reazione del governo centrale di Khartoum è stata quasi immediata. Stando alle notizie dei parenti, in Sudan, sembra che la situazione sia normale e per usare le parole dei miei cugini “tutto procede regolarmente”. La gente si aspettava attacchi coordinati sferrati dal Movimento Giustizia e Uguaglianza, un gruppo di ribelli locali, analogamente agli eventi del maggio 2008. Era preparata a episodi di violenza ma non è successo nulla. Ciò detto, c’è molta tensione fra la popolazione e forti timori per il futuro. Penso che la gente sia preoccupata soprattutto per le implicazioni del trattato di pace nord-sud e per le reazioni del governo meridionale. Ecco, questa è in sintesi la situazione ed è su queste posizioni che si schierano i maggiori partiti politici del Sudan. Inoltre, il governo ha espulso diverse ONG internazionali fra cui OXFAM, Care e Medici Senza Frontiere”.

La maggioranza delle ONG prevede situazioni disastrose nei campi profughi e si stima che le conseguenze ricadranno su una popolazione di 4,7 milioni con un conseguente esodo di 2,7 milioni di persone. Ma c’è di più, 1,5 milioni di persone necessitano di cure mediche, 1,1 milioni non hanno da mangiare e un milione di persone non ha accesso all'acqua (dati OCHA [in]). Inoltre, è scoppiato un focolaio di meningite e “al campo non c'è la possibilità di ricevere cure mediche, non c’è nessuno che possa trasferire i pazienti all'ospedale di Nyala, nessuna possibilità di effettuare vaccinazioni di massa. Significa che la gente potrebbe morire”, segnala Lydia Geirsdottir [in] (MSF).

Alla luce di questa realtà, Lise Grande, Vice Coordinatore Residente e Coordinatore Umanitario per l'ONU nel Sud Sudan, dice [in]: “Un aspetto che valutiamo attentamente è il possibile flusso migratorio”. Ci sono più di 100.000 persone indifese vittime della recrudescenza degli attacchi da parte della milizia LRA di cui oltre 36.000 fuggite dalle proprie abitazioni in Sud Sudan e più di 16.000 rifugiati dal Congo. “Altre 50.000 persone sistemate nelle comunità d'accoglienza … si trovano in situazioni di bisogno e necessitano di assistenza umanitaria”, afferma Lise Grande.

La migrazione è già iniziata e alcuni resoconti sono già comparsi nella blogosfera. Sudan Blog [it] parla della ricostruzione di un nuovo campo profughi in Ciad, Paese confinante, che si prevede possa ospitare circa 6.000 rifugiati.

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